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Tribunale

Operaio morì ad Alghero dopo una fuga di gas, quattro imputati vanno a processo

di Nadia Cossu
Operaio morì ad Alghero dopo una fuga di gas, quattro imputati vanno a processo

Lidio Piras, 51enne di Nurachi, era deceduto nel 2021 in un palazzo ad Alghero. Il gup ha rinviato a giudizio i datori di lavoro, il legale rappresentante della ditta appaltatrice e l’amministratrice di condominio

17 aprile 2024
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Sassari Dovranno presentarsi davanti al giudice monocratico Sara Pelicci il prossimo 9 settembre per rispondere del reato di omicidio colposo. Ieri mattina, il gup Sergio De Luca, accogliendo le richieste della pm Enrica Angioni, ha rinviato a giudizio i quattro imputati per la morte dell’operaio 51enne di Nurachi Lidio Piras.

L’uomo era deceduto ad aprile di tre anni fa mentre eseguiva alcuni lavori di manutenzione nel serbatoio del gas di un condominio di via Costa, ad Alghero. Per quella tragedia erano finiti sotto inchiesta Diego e Nicola Sanna, datori di lavoro della vittima e soci della ditta Fra.Des, Marco Cirese, legale rappresentante della Ultragas Tirrena Spa (che aveva dato in appalto alla Fra.Des il trasporto e lo scarico di Gpl, incluse le manutenzioni di modesta entità) e, infine, l’amministratrice del condominio, Maria Cristina Obino.

Lidio Piras, operaio specializzato, a causa di una fuoriuscita di gas si era accasciato all’interno del locale che ospitava la cisterna ed era morto per “asfissia acuta”. Per la Procura ci sarebbero state delle responsabilità da parte degli imputati e per questo ne aveva chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo. In particolare i Sanna (difesi dagli avvocati Ezio Ullasci e Valerio Martis) avrebbero «omesso di valutare i rischi derivanti da lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento quali il serbatoio in cui operava Lidio Piras». Serbatoio che non sarebbe stato installato con profondità in linea con la normativa vigente. A carico di Cirese (difeso dai legali Nicola Satta e Salvatore Rino Seu) il pm avrebbe individuato responsabilità in quanto legale rappresentante della Ultragas «per avere, prima di conferirgli l’appalto per il trasporto e scarico di Gpl, omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale della ditta Fra.Des, per non aver informato la stessa dei rischi derivanti dalle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento e in particolare per non aver tenuto conto né comunicato alla ditta esecutrice le possibili configurazioni di installazione dei serbatoi e di conseguenza la possibile presenza di fattori di rischio».

Mentre la Obino (assistita dall’avvocato Sebastiano Chironi) non avrebbe «presentato la cosiddetta segnalazione certificata di inizio attività». Alle accuse avevano replicato i difensori. Satta e Cirese avevano parlato di un sistema di deleghe di funzioni nell’ambito della società che escludeva la responsabilità di Marco Cirese. Il legale dei Sanna (Fra.Des) aveva insistito su una consulenza in base alla quale la vasca di contenimento dove era collocato il serbatoio non poteva definirsi come “ambiente confinato” e la fuoriuscita del Gpl gassoso non avrebbe potuto miscelarsi nell’aria in concentrazioni tali da provocare riduzione di ossigeno e quindi conseguenze mortali. Mentre l’avvocato Chironi aveva escluso che l’impianto avesse le caratteristiche di impianto condominiale e quindi che sulla Obino potessero gravare adempimenti di richiesta di certificazioni antincendi.

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