La Nuova Sardegna

Sassari

Bracconieri scatenati: 37 denunce e decine di migliaia di trappole rinvenute

Bracconieri scatenati: 37 denunce e decine di migliaia di trappole rinvenute

L’uccellagione con i lacci divide l’isola in due: si pratica dal Basso Oristanese al Cagliaritano e al Sulcis, poi da Jerzu ai Sette Fratelli

10 marzo 2014
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CAGLIARI. Centinaia di lacci disseminati con metodo lungo i percorsi dei tordi in migrazione delineano quasi delle “strade” fra i cespugli della macchina mediterranea dove gli uccelli finiscono per restare intrappolati. La sera il bracconiere passa lungo la macchia e raccoglie i poveri animali. La vendita è sicura: un porta a porta fra i patiti della griva e qualche volta, in questo girare, c’è la porta del ristoratore che ha una clientela di fiducia e offre il tordo selvatico, non la quaglietta di allevamento che si trova anche nelle macellerie. E’ il mercato dei bracconieri che sono individui di tre tipi: quello che caccia di frodo per sé, quello magari tossicodipendente che tra furtarelli e altri reati si dedica anche all’uccellagione vietata dal 1977 e poi c’è il disoccupato/cassintegrato che ricava la giornata con questo tipo di caccia ammesso nel passato e che i cacciatori più anziani ricordano bene.

Le zone dove tale attività continua a impegnare il Corpo forestale sono nettamente segnate sulla carta geografica e dividono la Sardegna in due: nel sud sì, nel nord no. Gli areali infatti dove si pratica l'uccellagione coi lacci vanno da Gutturu Mannu, Basso Sulcis fino a Villaurbana, Mogorella, Villaverde da una parte e dai Sette Fratelli sino a Jerzu dall’altra. Oltre queste terre la caccia illegale al tordo con lacci e reti è rara, relegata a singoli e non frequenti episodi. Invece solo nel Sulcis, da ottobre a oggi, spiega il commissario Fabrizio Madeddu responsabile del servizio vigilanza del Corpo forestale per la provincia di Cagliari, le denunce sono state 37 tutte per l’uccellagione coi lacci e i cavetti di ferro per catturare cervi e cinghiali. Decine di migliaia gli strumenti trovati e tolti dalla macchia e nei boschi.

I forestali possono contare su due grandi fonti di collaborazione: le associazioni ambientaliste come Lipu e Wwf che allestiscono campi antibracconaggio e ripuliscono la macchia mediterranea dalle centinaia di trappole disseminate, ma anche i cacciatori onesti, il sempre crescente numero di escursionisti e i cercatori di funghi.

Tradizione gastronomica e crisi economica sono le due principali fonti che alimentano il bracconaggio in queste zone tra ottobre e marzo, il prossimo problema in tema di caccia fuorilegge per i Forestali è l’uso dei cosiddetti tubi-fucile: armi artigianali sistemate per terra che esplodono al passaggio del cervo, del cinghiale, delle volpi. Vengono utilizzate dai bracconieri con la bella stagione perché la montagna è meno frequentata, in particolare da cacciatori e cercatori di funghi. I Forestali si preparano a una vigilanza serrata: la crisi economica ha messo in giro tanti nuovi cacciatori di frodo, si è visto quest’inverno con la moltiplicazione delle trappole per tordi e cinghiali, si teme che per l’estate la ricerca di prede vietate non diminuirà.

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