La Nuova Sardegna

Il passo epico del racconto La Storia secondo Wu Ming

di Giuseppe Mussi

“L’armata dei sonnambuli”, il tentativo di demistificare la memoria del passato La rivoluzione francese, un eroe mascherato e una minuziosa documentazione

21 luglio 2014
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«Te lo si conta noi, com'è che andò. Noi che s'era in Piazza Rivoluzione. Qualchedun altro te lo conterebbe – e magari te l'ha già contato – come son buon tutti, cioè a dire col salinzucca di poi, dopo aver occhiato le stampe sui libri, varda, c'è Madama Ghigliottina, c'è il ritratto di Robespierre, volti la pagina e c'è la mappa delle battaglie, e dal capo alla coda si snocciano gli anni cosí, come fossero olive: 1789, 1793...».

Questo è l’illuminante, emblematico estratto, scelto per la quarta di copertina dell’ultima fatica dei quattro Wu Ming, il più celebre – e à la page – collettivo italiano: “L’armata dei sonnambuli” (Einaudi, pp. 792, 21 euro). La loro “opera più ambiziosa”, rassicura la casa editrice torinese; e ci sarebbe da crederle, se dopo una faticosa e annoiata lettura di una simile mole di pagine, ci si accordasse per intendere tale ambizione unicamente come smania, protervia, presunzione e insolenza. Sì, perché le vicende narrate nel romanzo – sono gli anni del Terrore post Rivoluzione Francese – non raccontano di fatto nulla. Nella sconcertante e lunghissima cavalcata narrativa si assiste infatti – sbalorditi – a una pioggia di estratti di documenti storici (decreti, relazioni, editti, corrispondenze), inanellati dentro una finzione letteraria che vorrebbe riappropriarsi di una presunta Verità rivoluzionaria: la stessa sopravissuta, e salvata, lungo il breve dominio giacobino, nientemeno che da un eroe mascherato! Coerente con i propri proclami, ma alzando sempre più il tiro, il collettivo Wu Ming prosegue la propria guerra contro la mistificazione storica, politica (e letteraria) attraverso un’opera di ancor più greve mistificazione (gran parte del romanzo si inerpica lungo i lugubri terreni del mesmerismo); a loro avviso però – e purtroppo ad avviso dei tanti loro lettori – semplicemente più imbellettata e seducente.

È per questo motivo che quando, durante la lettura, incontriamo il glorioso “Ammazzaincredibili”, in maschera da Scaramouche, finiamo per trovarci semplicemente dalle parti di una volgarissima pulcinellizzazione del protagonista di “V per Vendetta” di Alan Moore. Eppure questo sciagurato romanzo riesce a conservare una sua utilità involontaria: se serve a capire il pericolo dell’esaltazione di un’idea della ribellione “senza volto”, giocata interamente su un piano formale, simbolico o fideistico: nella più completa deresponsabilizzazione dell’individuo. Per riprender fiato, senza scomodare “I demoni” di Dostoevskij, o i saggi di Popper e Löwith, viene voglia di correre a prendere un libro dimenticato come “Modesta proposta per prevenire” di Giuseppe Berto. E riconsegnare la demistificazione alla razionalità.

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