La Nuova Sardegna

Il Sardex ora entra anche in busta paga

di Silvia Sanna
Il Sardex ora entra anche in busta paga

L’evoluzione del sistema complementare basato sul baratto

09 marzo 2014
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SASSARI. In alcuni casi, quelli più difficili, aiuta ad allontanare lo spauracchio di cassa integrazione, mobilità o addirittura licenziamento. Nei casi meno gravi, consente di ricevere puntualmente stipendio, rimborsi ed eventuali benefit. L’approccio è soft, si va avanti con cautela: perché a finire tra le mani dei lavoratori non sono soldi reali ma monete virtuali, o meglio complementari. Buone ad aprire non tutte le porte ma solo quelle delle attività che aderiscono al circuito. I primi passi per fare entrare i dipendenti delle imprese nel mondo del moderno baratto targato Sardex sono stati compiuti: mini benedizione per alcuni, passo affrettato secondo chi predica prudenza e ha paura dei furbetti.

Rivoluzione. È iniziata nel 2009, dall’idea di quattro amici di Serramanna desiderosi di costruirsi un futuro e contemporaneamente tentare di aggirare la crisi. Hanno creato una forma di moderno baratto: un circuito aperto alle attività commerciali (e da poco anche ai singoli lavoratori) che scambiano beni e servizi pagandoli in Sardex, moneta complementare che vale un euro. Baratto etico: a differenza dell’euro, il Sardex è immune da interessi. E soprattutto è fluido: i possessori non vedono l’ora di disfarsene per avere in cambio prodotti necessari alla loro attività o per affrontare le spese senza intaccare la riserva di liquidità. Costituita, questa sì, dagli euro.

La ricerca dell’equilibrio. È fondamentale: nessuno all’interno del circuito punta ad arricchirsi sulle spalle di altri. Nel baratto virtuale non c’è lucro: chi è a corto di Sardex e dunque non può acquistare o vendere, è sostenuto dagli altri che comprano i suoi servizi così da garantirgli la riserva necessaria per rimettersi in gioco. Tutto avviene alla luce del sole: a ogni compravendita corrisponde uno scontrino fiscale.

Il fatturato cresce. Un milione di euro: questo il fatturato societario nel 2013. Con i ricavi che derivano da due voci: la quota una tantum di iscrizione (costi variabili da 100 a 1000 euro a seconda delle caratteristiche del richiedente) e canoni di abbonamento annuali ,anche questi diversificati in cinque quote che rimangono comunque fisse: 100-150-300-600 e 1000 euro. Nessuna percentuale sulle transazioni spetta a titolari e amministratori della società.

Evoluzione del sistema. Al momento sono circa 1600 le imprese inserite nel circuito (1505 secondo la cartina nell’home page del sito), distribuite un po’ in tutta l’isola ma con la massima concentrazione nel Sud e a Cagliari in particolare. L’espansione ancora non ha raggiunto il picco, soprattutto al Nord: anche per questo, pur mantenendo la sede principale a Serramanna, Sardex ha aperto due nuovi uffici a Sassari e Nuoro. Nel frattempo, dopo le imprese, il sistema ha deciso di aprire le porte ai privati. E i primi ad entrare sono stati circa 600 dipendenti di altrettante aziende che hanno accettato la sfida. L’adesione è su base volontaria, chi vuole può decidere di ricevere in Sardex una parte del proprio compenso. Un credito da riutilizzare per acquistare beni e servizi (per esempio generi alimentari o abbigliamento) all’interno del circuito. È questo il caso di una azienda di Carbonia che opera nel campo dell’edilizia: di fronte alla crisi che non dà tregua, i titolari hanno prospettato la possibilità di erogare una quota (minima) degli stipendi in Sardex. I lavoratori hanno accettato: è sembrata la soluzione migliore per evitare i pagamenti ritardati o, peggio ancora, la cassa integrazione. Il vantaggio per l’azienda: riesce a pagare tutti i dipendenti senza prosciugare la sua riserva di liquidità in euro. Ma al fisco non si sfugge: i pagamenti virtuali sono tassati come quelli reali.

Attenzione ai furbi. Giorgio Vargiu, presidente regionale dell’Adiconsum, è dubbioso: «Il circuito Sardex è una bella iniziativa, perché concede un po’ di respiro alle imprese. Ma da qui a parlare di benefici per i consumatori ce ne passa». Vargiu esamina la questione degli stipendi pagati in parte con i Sardex: «Mi auguro che i sindacati, dove questo accade, stiano vigilando con attenzione. In ogni caso si tratta di una limitazione anomala: i lavoratori sono obbligati a spendere una parte dei propri soldi in determinati negozi. Se questo serve a evitare riduzioni di personale o chiusure d’attività ben venga, ma stiamo attenti a chi se ne approfitta: il difetto degli italiani è la furbizia, non vorrei che il pagamento virtuale si espandesse anche dove non c’è reale necessità».

Il futuro. L’apertura ai privati è l’obiettivo finale. In parte accadrà se e quando sarà realizzato il progetto regionale che prevede l’assegnazione di bonus in Sardex ai disoccupati. Ma la vera sfida inizierà se e quando moneta reale e virtuale viaggeranno in parallelo: il privato fa un acquisto in euro e riceve un tot di Sardex da riutilizzare nel sistema. In questo modo il privato ottiene un prodotto gratis e contribuisce a fare girare il circuito. Fantascienza? Chissà.

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