La Nuova Sardegna

Nuoro

Blue tongue, la rivolta contro i vaccini

di Paqujto Farina
Blue tongue, la rivolta contro i vaccini

Parte da Bitti la protesta degli allevatori: «Le nostre pecore ormai si sono autoimmunizzate, ora basta con lo stress»

09 dicembre 2015
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NUORO. Si prospetta una stagione calda per il comparto agropastorale; come quasi tutti gli anni a ridosso delle festività di fine anno, che coincidono con la chiusura di importanti vertenze. Diversi i motivi di preoccupazione che agitano le aziende: dal crollo – di oltre il 30% – del prezzo della carne d’agnello, causato a detta degli allevatori da una scarsa tutela del prodotto locale a favore di quello proveniente da oltre confine; un calo significativo, da 5,20 euro a 3,30 euro al chilo. E ancora, la mancata nuova attribuzione, o quantomeno la conferma del precedente, del prezzo del latte ovino da parte degli industriali, in un periodo stranamente molto favorevole in cui il pecorino romano va alla grande soprattutto nei mercati esteri e il dollaro, in forte recupero sull’euro, ne dovrebbe favorire ancor più l’esportazione.

A queste problematiche va ad aggiungersi la protesta, conseguenza anche di diverse decine di sanzioni amministrative comminate di recente, di un nutrito numero di allevatori di Bitti – paese a fortissima vocazione agropastorale – scesi in campo a difesa della libertà vaccinale dei propri animali. Un fattivo incontro si è tenuto nell’aula consiliare del Comune, alla presenza del sindaco Giuseppe Ciccolini e dell’assessore all’Agricoltura Peppe Pala.

«Siamo imprenditori ai quali sta a cuore la salute dei propri animali e pretendiamo un informazione scientificamente corretta e, in assenza di un’effettiva emergenza, vogliamo libertà di scelta; è un nostro diritto – hanno dichiarato i rappresentanti di decine di imprese –. Gli effetti collaterali del vaccino sono reali, non saremmo qui oggi a recriminare. Chiediamo al sindaco e all’amministrazione comunale di farsi portavoce presso i tavoli istituzionali – hanno incalzato i pastori – valutando l’ipotesi di coinvolgere altri comuni interessati al problema per avere più forza». In molti, in seguito alla somministrazione del vaccino contro la blue tongue, hanno denunciano morìe, perdite di latte, caduta di fertilità, dimagramenti. «Siamo convinti che le pecore che sono state colpite nel 2012 e nel 2013 si siano ormai autoimmunizzate – hanno proseguito – e riteniamo del tutto inutile oggi un vaccino col medesimo sierotipo, anche perché negli allevamenti non si è verificata la malattia».

La pressione esercitata per portare avanti la campagna vaccinale non sta sortendo l’effetto sperato. Anzi, a detta dei pastori di Bitti, sta creando tensione e malcontento. «Molte aziende hanno vaccinato solo per paura delle sanzioni – hanno detto – e noi che ci opponiamo lo facciamo solo perché teniamo alla salute delle nostre pecore, e di conseguenza alla nostra economia». Il sindaco Giuseppe Ciccolini, pur invitando i pastori a procedere comunque alla vaccinazione del bestiame, ha espresso preoccupazione per le tensioni che la vicenda potrebbe causare, rilevando come a «monte del problema c’è stato quasi un corto circuito tra assessorato regionale, Asl e veterinari, con l’attivazione di procedure non uniformi tra un territorio e l’altro; speriamo – ha detto – che per il 2016 ci siano regole più chiare ed uniformità d’azione in tutto il territorio regionale». Ciccolini ha quindi informato i presenti sul tenore dell’incontro tenutosi con i dirigenti della Asl durante il quale è emersa la linea di aprire un piano di vaccinazione, da chiudersi in tempi molto brevi, esclusivamente per il bestiame non sottoposto a stress, da concordare con i veterinari della Asl. «La considero una via di uscita equilibrata – ha detto il primo cittadino – che ci è utile anche per superare le problematiche relative alle sanzioni di natura sia amministrativa che penale». Gli allevatori dal canto loro hanno chiesto la revoca delle sanzioni, respingendo l’accusa di essere “antivaccinisti” a prescindere. «Siamo noi allevatori che lavoriamo tutti i giorni sul campo accanto agli animali – hanno ribadito – e non accettiamo che per un’imposizione vaccinale venga limitata la nostra libertà di scelta terapeutica. Altrimenti ci troveremmo di fronte ad una vera e propria dittatura sanitaria».

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