La Nuova Sardegna

L’antica “Rasgioni”: i codici dell’identità ora ritornano attuali 

di Roberto Sanna
L’antica “Rasgioni”: i codici dell’identità ora ritornano attuali 

Il tradizionale tribunale riproposto per la gestione dell’acqua Tre “alligadori” per rappresentare le esigenze delle parti

18 giugno 2017
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SASSARI. Ha ragione chi vive di agricoltura e allevamento e rischia di non poter lavorare per colpa della siccità e della mancanza d’acqua oppure chi, preposto alla gestione dell’acqua, deve spesso alzare le braccia fagocitato dall’infernale macchina che finisce per divorare anche i suoi padroni? In certi momenti entrambe le parti ed è stato l’aspetto più preoccupante emerso venerdì sera a Palazzo Ducale durante “La Rasgioni”, il tribunale della siccità allestito seguendo il vecchio istituto gallurese che vedeva le parti, rappresentate ciascuna da un “alligadore”, confrontarsi davanti a un collegio costituito da tre “rasgiunanti”. Un dibattito pubblico organizzato dal Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione dell’Università (Nrd), dal Comune di Sassari e da Cinearena in occasione della Giornata mondiale della desertificazione, istituita dall’Onu nel 1994 e che quest’anno aveva come tema “La nostra terra. La nostra casa. Il nostro futuro”. Un dibattito che ha visto fronteggiarsi da una parte le Istituzioni competenti (Enas, Egas, Comune di Sassari, Consorzi di bonifica, Abbanoa, Agenzie Regionali, Assessorati regionali, Università, Provincia di Sassari, Genio Civile) e dall’altra imprenditori e associazioni (Coldiretti, Confagricoltura, Cia) agricoltori, commercianti, industriali, ambientalisti. Pier Paolo Roggero era l’alligadori della società civile, Sante Maurizi quello delle isitituzioni, Giovanna Seddaiu presiedeva la giuria.

LA CATTIVA GESTIONE. Decine di testimoni sono sfilati sul palco allestito all’interno di Palazzo Ducale, svelando i diversi aspetti di un problema che in Sardegna sta assumendo dimensioni preoccupanti. Eppure, ha detto l’architetto Sandro Roggio della Consulta ambiente e territorio «non dovremmo avere problemi, visto che siamo un milione e mezzo di abitanti in un territorio così grande, con una densità di 66 abitanti per chilometro quadrato. Invece i problemi ci sono per come questo territorio è stato trattato: inquinamento, incendi, edilizia abusiva, disboscamento selvaggio». E poi c’è la cattiva gestione dell’acqua. Da parte del pubblico, senza dubbio. E anche dei privati, che spesso non la trattano come merita. Perché «L’acqua è come la salute, la si apprezza soprattutto quando non c’è», ha detto il presidente di Coldiretti Battista Cualbu.

I MISTERI DELLA RETE. In tanti hanno portato la loro testimonianza diretta e avanzato le loro proposte. Sono emersi esempi terrificanti di pessima gestione e misteri di pessimo rendimento di terreni comunque irrigati. Ma è incredibile sentire che i terreni di Uri, a pochi passi dal bacino del Cuga, non ricevano quell’acqua. O che sono stati spesi dodici milioni di euro per una struttura che collegherebbe sempre il Cuga a Sassari ma quel collegamento ancora non è stato attivato. E gli esempi sono stati tanti, con gli operatori che hanno portato la loro esperienza diretta tra chi ha scelto di lavorare con terreni curati con l’irrigazione e altri che hanno preferito seguire le stagioni. Eppure l’acqua ci sarebbe anche: in Sardegna la media è di 230 litri pro capite, non distante dai 240 della media nazionale. Poi si scopre che c’è una dispersione del 55 per cento mentre la media nazionale è del 35 per cento e che il quaranta per cento dei bacini sardi è di scarsa qualità. E c’è anche la questione dei reflui: manca un piano per l’utilizzo, che invece può essere la salvezza, come ha detto Luigi Lotto, presidente della commissione regionale alle Attività produttive.

L’EDUCAZIONE. «Nel 2015 ad Arborea è stata fatta una “Rasgioni” per l’acqua ma siamo ancora qui a fare gli stessi discorsi – ha detto Andrea Motroni dell’Arpa–. Piove sempre meno, in compenso non ci sono risparmi ed efficienza. Credo che una delle soluzioni sia cominciare un programma di educazione ambientale». Per i giovani e anche per gli adulti, visto che è venuto fuori che ancora c’è chi ha l’allaccio per uso domestico e lo utilizza per i campi. Bisogna anche fare delle scelte e le devono fare tutti: le istituzioni e i privati. Perché, ha aggiunto Lotto «l’agricoltura irrigua non è per tutti, costa. E allora bisogna puntare a prodotti di qualità che siano economicamente redditizi». E ci sono anche problemi strutturali difficili da risolvere nei bacini e nelle reti. Quest’anno la situazione è disastrosa: «Nella Nurra ci sono gli agricoltori sul piede di guerra che ci telefonano ogni giorno – ha detto Pietro Zirattu, presidente del Consorzio di Bonifica – ma ormai noi siamo semplici erogatori, non gestiamo più nulla. La verità è che non si può gestire la siccità solo nel momento in cui c’è l’emergenza, ma si deve prevenire, si devono creare le condizioni per gestire meglio l’acqua durante l’anno». E alla fine, tra le tante cose che si sono dette, si è capito che la scarsità di pioggia è forse il problema minore.



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