Passeggiata con i migranti per riflettere sull’ospitalità
SASSARI. Il nome riprende il titolo di un film di Tarkovskij: “Stalker”. Termine che nel capolavoro del regista russo indica anche il personaggio con il ruolo di guida agli altri due protagonisti...
SASSARI. Il nome riprende il titolo di un film di Tarkovskij: “Stalker”. Termine che nel capolavoro del regista russo indica anche il personaggio con il ruolo di guida agli altri due protagonisti nell’esplorazione della misteriosa Zona, un territorio desolato e in rovina. Come nel film, anche loro si spostano camminando, organizzando delle passeggiate per compiere ricerche (e azioni) sul territorio, con particolare attenzione alle aree di margine e ai vuoti urbani, agli spazi abbandonati o in via di trasformazione. Nato a Roma negli anni Novanta, il collettivo Stalker formato da artisti e architetti (una formazione multidisciplinare nella quale si può vedere un altro legame con il lungometraggio di Tarkovskij, dove i personaggi dello Scrittore e del Professore simboleggiano in qualche modo la conoscenza artistica e quella scientifica), è a Sassari in questi giorni per un seminario su invito dell’Accademia di Belle Arti. «Conosco il loro lavoro da tanti anni – spiega Anselm Jappe, docente di estetica che ha curato l'organizzazione del workshop – e sono contento della loro presenza che ci può aiutare a guardare alla città in modo inedito, a leggerla con occhi diversi».
Ieri il momento principale di questo laboratorio, la passeggiata secondo un itinerario particolare (partenza dalla stazione dei pullman in via Padre Ziranu, arrivo a Casa Serena) in compagnia di alcuni giovani rifugiati. Come tema dell'appuntamento è stato infatti scelto quello dell’ospitalità, a partire dalle riflessioni del filosofo francese Jacques Derrida sulla domanda “Dove?” usata nell’occasione per intitolare questa tre giorni a Sassari (oggi è prevista la conclusione con incontro finale) che nell’organizzazione oltre all’Accademia ha visto coinvolta anche la compagnia Theatre en vol. Un progetto legato a una tematica attualissima come quello dell’ospitalità, certamente non nuovo per il collettivo Stalker che da sempre si occupa di migranti. «L’anno scorso – racconta Francesco Careri, architetto con lontane ma sentite origini sassaresi che è tra i fondatori del gruppo – abbiamo fatto una cosa simile con i rifugiati al Vel Marì, una passeggiata da Fertilia all’aeroporto».
Una delle diverse iniziative in Sardegna («ricordo anche una bellissima esperienza a Olzai, con i pastori e gli abitanti del paese» aggiunge Careri) che si aggiungono alle tantissime realizzate non solo in Italia. Roma, dove tutto è cominciato più di vent'anni fa, il centro principale di numerosi progetti. Tra questi il lungo lavoro fatto nella zona dell'ex mattatoio a Campo Boario, in particolare con i migranti curdi; l'innovativo laboratorio di autocostruzione portato avanti nel campo rom di Casilino 900 e fortemente osteggiato da vari interessi, tra i quali si è saputo dopo anche quelli riconducibili a Mafia Capitale; il lavoro di riqualificazione di Corviale, quel mostro architettonico divenuto per i media simbolo del degrado delle periferie «dove – racconta Aldo Innocenzi, artista membro del collettivo – abbiamo messo insieme una rete di competenze che in collaborazione con gli abitanti ha ideato un piano di recupero». Azioni concrete che partono dal mettere in relazione le persone e ancora prima dall'osservazione del territorio, spesso conosciuto solo superficialmente anche da chi ci vive, attraverso lo strumento del camminare.