La Nuova Sardegna

I tormenti di Nino, fanciullo povero e molto testardo

di Andrea Massidda
I tormenti di Nino, fanciullo povero e molto testardo

A Ghilarza due eventi per ricordare il pensatore Intervista con lo studioso Gianni Francioni

25 aprile 2017
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SASSARI. Piccoletto, visibilmente gobbo, di salute cagionevole ma anche molto tenace e intelligente, da bambino che rapporto aveva con i suoi familiari uno dei più grandi pensatori del Novecento? E Nino – come lo chiamavano tutti da fanciullo – come si relazionava con i coetanei e i compaesani di Ghilarza, dove ha passato l’infanzia? A ottant’anni esatti dalla morte, la Fondazione che porta il suo nome ricorda Antonio Gramsci affidando le risposte a queste domande alla voce di alcuni suoi discendenti. Senza trascurare quello che fu uno degli argomenti più cari al fondatore, nel 1921, del Partito comunista italiano: la “Questione meridionale”. I due appuntamenti sono fissati proprio a Ghilarza per giovedì e venerdì prossimi alle 18 nella Torre aragonese: nel primo di questi, Antonio Gramsci Jr. e Luca Paulesu converseranno con lo studioso dell’Università di Pavia Gianni Francioni e con Simonetta Fiori, giornalista del quotidiano Repubblica, nonché figlia di Peppino, autore di una celeberrima biografia tradotta in quasi tutte le lingue europee, in giapponese e coreano; nel secondo, con il coordinamento di Giorgio Macciotta, presidente della “Fondazione Casa Gramsci onlus”, interverranno Giuseppe Vacca, Adriano Giannola (presidente della Svimez), e il governatore della Sardegna Francesco Pigliaru, con conclusioni affidate al ministro per la Coesione territoriale Claudio De Vincenti. Tutto questo mentre a Montecitorio, cioè alla Camera dei deputati, è prevista l'inaugurazione della mostra dal titolo “I quaderni e i libri dal carcere”. Per non parlare delle altre celebrazioni che avverranno ovunque nel mondo.

«Il 27 aprile, anniversario della sua morte, Antonio Gramsci sarà celebrato dappertutto – spiega Gianni Francioni – ed è anche per questo motivo che prima di scegliere l’argomento della nostra tavola rotonda abbiamo ragionato molto. Alla fine abbiamo concluso che fosse particolarmente significativo e coinvolgente raccontare Nino così come viene ricordato dai suoi posteri e in relazione al paese dove è cresciuto. Infatti a parlare di lui ci saranno due discendenti di terza generazione: il nipote Antonio Gramsci Jr, che vive a Mosca da quando è nato nel 1965, ed è figlio di Giuliano, il secondogenito dell’autore di “Lettere dal carcere”. E ancora Luca Paulesu, nipote di Teresina Gramsci, sorella prediletta di Antonio, nato a Firenze nel 1968».

Luca è proprio dalla nonna che apprende le vicissitudini della famiglia Gramsci. E dei grandi tormenti di Antonio, bambino povero dalle doti intellettuali straordinarie. «Ci sono lettere drammatiche – racconta Giorgio Macciotta – che danno conto dell’enorme sofferenza vissuta da questo ragazzino: Antonio provava odio per il fatto di non poter continuare gli studi nonostante avesse tutti dieci. E tuttavia – continua Macciotta – le testimonianze arrivateci dal secondo decennio del Novecento in poi ci riportano grande umanità, come quando si lamenta di non essere stato informato della morte della mamma».

I discendenti di Gramsci che interverranno a Ghilarza sono due persone che, ognuno a modo proprio, hanno conosciuto e amato la figura e il pensiero del loro illustre antenato. Il primo dedicandogli tre libri, il secondo scrivendo e disegnando per Feltrinelli una bellissima graphic novel intitolata “Nino mi chiamo”, una “fantabiografia”, come l’autore stesso la definisce nel sottotitolo, in cui si racconta il piccolo Antonio in maniera, appunto, surreale. Nel senso che magari lo si vede esortare i compagni di scuola dicendo loro: «Dai, giochiamo all'Egemonia».

«Sarà molto interessante – continua Francioni – capire come e in quale preciso momento questi nipoti hanno realizzato che Gramsci era Gramsci. Insomma, che cosa li ha colpiti di lui. Per quanto mi riguarda, lo so. Io sono rimasto folgorato dopo aver letto il libro “Storia di Antonio Gramsci”, di Peppino Fiori. Di Gramsci fanciullo mi è sempre rimasta in mente la grandissima forza di volontà di un bambino molto povero e tormentato nel fisico, che però stingendo i denti è diventato un gigante del pensiero politico mondiale». Un bambino che, fisicamente e socialmente, incarna proprio quella riscossa delle classi subalterne al centro dei suoi studi. «Lui stesso diceva che la biografia di un uomo pubblico è importante per capire da dove è partito e dove è arrivato. Anche per questo era molto attento agli umili: criticava una certa élite socialista perché non riusciva a comunicare con le masse proprio perché non le conosceva e non sapeva capirne i comportamenti».

Ma che cosa aveva Gramsci di sardo? Direi tutto – conclude Francioni –, a cominciare dalla testardaggine intesa come fortissima determinazione, ma anche dal grande senso del lavoro: detestava la sciatteria, tanto da arrivare a reazioni al limite della durezza».

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