La Nuova Sardegna

Le sirene di Carmen Consoli ammalianti e struggenti

di Grazia Brundu
Le sirene di Carmen Consoli ammalianti e struggenti

Al Teatro Verdi accoglienza delle grandi occasioni e standing ovation finale Un concerto acustico di oltre due ore che ha ripercorso le tappe della sua carriera

10 aprile 2017
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SASSARI. Le sirene non parlano, si limitano a cantare, distanti e irraggiungibili. Carmen Consoli, però, è un’incantatrice dal sangue caldo e l’ha dimostrato ancora una volta sabato scorso al Verdi di Sassari, dove ha aperto in anteprima il Festival Abbabula delle Ragazze Terribili con la seconda data sarda del tour “Eco di Sirene” (venerdì era a Cagliari, per Sardegna Concerti). Dopo le prime canzoni, accompagnate da un saluto stringato, è venuta fuori, infatti, la sua carica dirompente di simpatia; il suo estro affabulatorio ha fatto letteralmente impazzire, tra musica e aneddoti in italiano e catanese, il pubblico che affollava il teatro. E che le ha tributato l’accoglienza delle grandi occasioni: standing ovation finale e un omaggio - un ritratto - consegnato dalle prime file.

Gonna lunga, stivaletti e camicia color smeraldo, la “cantantessa” ha ammaliato i fan con un concerto acustico in crescendo durato più di due ore. Affiancata dalla violinista Emilia Belfiore e dalla violoncellista Claudia Della Gatta, ha ripercorso le tappe lontane e recenti della sua carriera ventennale. Dal primo album “Due parole” del 1996 a “L’abitudine di tornare”, pubblicato due anni fa. Passando per tutti i grandi successi: “Parole di burro”, “L’ultimo bacio”, “Maria Catena”, “Geisha”, “Contessa miseria”, “Amore di plastica” e tantissime altre. Centoventi minuti e più di spettacolo senza sbavature, a parte un piccolo problema audio all’inizio, che non l’ha minimamente turbata, anche perché è stato subito risolto.

La sirena Carmen apre la serata da sola sul palco imbracciando una delle chitarre che poi, per tutto il concerto, sottolineano le scalate ardite della sua voce inconfondibile con un susseguirsi di arrangiamenti blues, folk, rock. Sempre ben aderenti alle storie di donne, piccole e immense, che abitano i suoi testi. Fragili e allo stesso tempo dotate del coraggio del quotidiano. Poi sul palco la raggiungono le altre sirene e lo spettacolo decolla, complice anche una scenografia semplice e bellissima, un po’ conchiglia e un po’ sole che si tuffa nel mare al tramonto, o che sorge all’alba, ed evoca con proiezioni e giochi di luce orizzonti seducenti. «Grazie per essere venuti a cercarmi, correndo il rischio di una botta di sonno» dice la cantantessa, con la sua solita ironia, al pubblico che invece non batte ciglio e che non vuole saperne di alzarsi quando il concerto sembra finito. Ma poi, invece, prosegue con una girandola di storie, assorbite dai fan con un entusiasmo pari a quello riservato alle canzoni che hanno ispirato. Si parla di guerra, di leoni da tastiera e di nuovi muri che sorgono per accrescere le distanze. Ma ci sono anche le storie belle. Per esempio quella del babbo di Carmen, il signor Consoli (“Mandaci una cartolina”), eccellente chitarrista e grande estimatore degli arancini siciliani, consumati di nascosto dalla moglie e dal colesterolo, al bar della Regione di Catania. Quello stesso padre, scomparso qualche anno fa, che le ha trasmesso l’amore per le battute scanzonate e «per Rosa Balistrieri, con la o bella rotonda come la pronunciava lui». E poi c’è Carlo, il figlio nato poco più di un anno fa e che «da quando è entrato nella mia vita, mi ha fatto iniziare a credere davvero nella magia». E infatti la cantantessa gli ha dedicato una canzone che si intitola, appunto, “Una piccola magia”.

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