La Nuova Sardegna

IL FESTIVAL

di Roberto Sanna

SASSARI. Un commissario burbero, di corporatura massiccia, amante della buona cucina e del buon vino, accanito fumatore di pipa. Un uomo tutto sommato normale, che nelle sue indagini deve...

07 ottobre 2016
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SASSARI. Un commissario burbero, di corporatura massiccia, amante della buona cucina e del buon vino, accanito fumatore di pipa. Un uomo tutto sommato normale, che nelle sue indagini deve “impregnarsi” del caso, delle situazioni, delle atmosfere. Un caparbio investigatore scaturito dalla fantasia di uno dei più prolifici scrittori della storia della letteratura, grande anche senza il suo personaggio principale ma troppo legato a lui per potersene separare del tutto. Le vite di George Simenon e del commissario Jules Maigret sono state parallele e si sono anche intrecciate strettamente, da quando lo scrittore decise di liberarsi della letteratura leggera che aveva prodotto, sempre in maniera copiosa, al suo arrivo a Parigi e cimentarsi in qualcosa di più importante: «Simenon però non possiamo definirlo schiavo di Maigret» dice Ena Marchi, curatrice per le edizioni Adelphi delle opere complete di Georges Simenon (inchieste del commissario Maigret e romanzi).

Ena Marchi sarà ospite domani del festival “Florinas in giallo” dove racconterà la vita e le gesta di uno dei pilastri della letteratura di questo genere, un personaggio che ha cambiato le regole dei romanzi polizieschi imperniati su delitti quasi perfetti risolti da investigatori geniali. Con Maigret il registro è diverso, le indagini sono condotte con un metodo del tutto personale e a volte vengono anche risolte in maniera personale perché può capitare che il colpevole venga scoperto e non arrestato.

Si può dire che George Simenon è diventato scrittore proprio col commissario Maigret?

«Simenon arriva a Parigi dalla provincia, vuole fare lo scrittore, scrive tanti racconti e romanzi leggeri. A un certo punto capisce che per fare il salto definitivo ha bisogno di un personaggio seriale: è fondamentale perché un personaggio seriale resta sempre uguale ma puoi collocarlo nelle situazioni più diverse».

E così arriva Jules Maigret.

«Non arriva subito. Il commissario Maigret è frutto di tutta una serie di tentativi, Simenon prova e riprova, finché non trova quello giusto. E Maigret sarà protagonista di oltre settanta romanzi e ventotto racconti».

E non se ne separerà più?

«Lo accompagnerà tutta la vita ma ci sarà una pausa negli anni Trenta. Quando Simenon decide di voler essere un grande scrittore anche senza il suo commissario e si mette a scrivere altre cose. Dopo qualche anno, però, riprende in mano Maigret e non lo lascia più».

Come mai?

«Intanto bisogna dire che non c’è mai stato un vero distacco, perché il commissario Maigret ogni tanto ricompare come protagonista di qualche racconto. E poi perché il suo editore a un certo punto gli fa capire che quei romanzi non vendono più di tanto, ha problemi a reperire la carta perché c’è la guerra e che se il protagonista dei libri fosse Maigret farebbe meno fatica a trovarla perché i libri sarebbero un successo sicuro».

Non era comunque schiavo del suo personaggio.

«Non è il termine giusto. Per capire il tipo di rapporto, cito Andrea Camilleri che al figlio di Simenon un giorno disse di avere con Salvo Montalbano lo stesso rapporto che George Simenon aveva con Jules Maigret. Anche Camiller, parlando dei propri lavori preferisce quelli senza il suo commissario. Peraltro, Simenon ha ammesso che quando scriveva le avventure di Maigret lo faceva quasi in scioltezza».

Il personaggio di Maigret va bene ancora oggi così com’è o servirebbe qualche rilettura, una rivisitazione?

«È fortissimo ancora oggi e a dimostrarlo sono le vendite. E credo che tutti i commissari dai quali siamo circondati oggi nei libri gialli gli debbano qualcosa, nel bene e nel male: ci sono commissari cattivi e canaglie, altri bravissimi,e tutti in qualche modo fanno capo a Jules Maigret».

Il commissario Maigret ha vissuto diverse trasposizioni sullo schermo: qual è il suo giudizio su quei lavori?

«Credo che siano dei buoni lavori. In Italia il volto di Jules Maigret è quello di Gino Cervi e a me non dispiace anche se è stato criticato come troppo simile al modello di Peppone. E devo dire che nemmeno allo stesso George Simenon dispiaceva vedere il suo commissario impersonificato da Gino Cervi. Anche se la sua interpretazione preferita era sicuramente quella di Jean Gabin».

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