La Nuova Sardegna

Romana Petri: «Un libro per fare i conti con un padre ingombrante»

dall’inviata
Romana Petri: «Un libro per fare i conti con un padre ingombrante»

GAVOI. «Ci ho messo 25 anni, a cominciare questo libro. Ne avevo letto molti, di libri sui padri, ma erano tutti una sorta di resa dei conti dei figli nei confronti del genitore, io invece i conti...

04 luglio 2016
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GAVOI. «Ci ho messo 25 anni, a cominciare questo libro. Ne avevo letto molti, di libri sui padri, ma erano tutti una sorta di resa dei conti dei figli nei confronti del genitore, io invece i conti con mio padre me li avevo giocati in vita. Quando è morto mi mancava molto, questo padre amico, guascone, ingombrante, uomo pieno di fascino, cantante lirico e lottatore. Così me lo sono andata a prendere dall’utero di mia nonna e ho ricostruito tutto della sua vita, compreso quando, finita la guerra, si era messo in testa di picchiare gli inglesi. Gli chiesi “Perché gli inglesi?”, “Perché sono inglesi”, mi rispose».

Affacciata a S’Antana ’e susu, per le ultime “Letture dal balcone” del festival Isola delle storie, Romana Petri scava nei ricordi di una vita per raccontare alla piazza gremita cosa l’aveva spinta, un giorno di alcuni anni fa, a prendere carta e penna, e a scrivere il libro“Le serenate del ciclone”, edito da Neri Pozza. Un libro «che sta a metà tra la biografia e il memoir familiare», come ricorda Laura Pagliara che ha presentato la scrittrice a Gavoi di fronte a un pubblico numeroso e attento. Quel libro l’ha scritto senza pace, precisa Romana Petri, senza prendere appunti, né programmi, «è un omaggio sincero a un padre ingombrante a cui devo sicuramente il fatto di scrivere, di fare questo mestiere», dice.

Sette premi letterari nella sua carriera, due volte finalista al premio Strega, scrittrice, traduttrice, editrice: Romana Petri ha una vita intensa e ricca di soddisfazioni, ma a questo suo ultimo libro tiene più di tanto altro. «L’ho chiamato “Le serenate del Ciclone” – precisa – perché mio padre Mario quando era giovane mise su una banda e per decidere chi era il capo scelsero di assegnare il ruolo a chi si sarebbe rivelato più forte in una rissa. Quando finirono di picchiarsi, uno degli amici gli disse: “Mario, te quando meni sembri un ciclone”. Poi mio padre cominciò a cantare e mise su una ditta per fare serenate: le chiamò “Le serenate del Ciclone”. Mio padre aveva avuto un genitore violento, lo picchiava, ma un giorno gli fece un regalo bellissimo: gli donò un grammofono con vari dischi in vinile, tra i quali c’era anche “Tango della gelosia”. Mio padre grazie a quel dono riuscì a capire che la sua vera vocazione era quella, così fuggì da Perugia, dove era nato, e andò a Roma per studiare canto, e lì usò il suo corpo enorme, perché era un omone, anche per fare qualche soldo giocando a boxe. Boxava, cantava, fino a quando venne per lui la grande occasione offerta dalla Scala».

Saranno quelli gli anni che consegneranno alla storia il Mario Petri baritono amato da tanti. Non solo lottatore, non solo uomo dai modi decisi ma ricco anche di fascino, non solo ugola d’oro e perenne trasformista. «Mio padre – ricorda Romana Petri – era pure un grande lettore. Amava gli scrittori russi, in particolare, e il latino. Ma a un certo punto della sua vita fece una follia, e anche questa la racconto nel libro: lasciò il canto, lasciò la città, e torno alla campagna umbra. Io cercai di dirgli che non era il posto suo, quello, che non doveva cambiare. E lui mi disse: “Lascia perdere, Romana, c’è sempre un momento nel quale uno si deve ritirare nel suo manicomio personale”. Quella è stata l’ultima parte della sua vita. Siamo stati amici e vicini sino all’ultimo». (v.g.)

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