La Nuova Sardegna

Esce “La danza dei corvi” Il mondo di Satta a fumetti

di Fabio Canessa
Esce “La danza dei corvi” Il mondo di Satta a fumetti

“Il giorno del giudizio” secondo l’illustratore nuorese Manuelle Mureddu «Un libro pieno di suggestioni, non è stato semplice arrivare a una conclusione»

23 maggio 2016
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SASSARI. Le parole più giuste per commentare questo interessante esperimento arrivano da Marcello Fois, autore di una delle prefazioni (l'altra è del critico letterario Adriano Ercolani): «Qui c'è l'ardire di dare una direzione a un'opera di per sé inafferrabile». L'opera così potente e difficile da descrivere di cui parla Fois è “Il giorno del giudizio”. Dal capolavoro di Salvatore Satta il disegnatore Manuelle Mureddu ha tratto, liberamente, un fumetto intitolato “La danza dei corvi” che è stato appena pubblicato. Domani sera, alle 19.30 al Caffè Tettamanzi, la prima presentazione con l'autore che dialogherà con Andrea Pau dopo l'intervento dell'assessore alla Cultura del comune di Nuoro Sebastian Cocco dal quale è partito il progetto: un fumetto per le scuole che Mureddu ha trasformato in qualcosa in più: «Ho cercato di alzare il livello – spiega l'illustratore – per realizzare un albo che andasse oltre il semplice scopo didattico. Siamo contenti del risultato: un volume che credo abbia un certo spessore culturale, che è accompagnato da interventi importanti e va bene per i ragazzi e i lettori di ogni età».

Come si affronta la sfida di adattare a fumetti un libro così importante e particolare nella sua struttura?

«Parliamo di un capolavoro della letteratura italiana che a Nuoro è un testo sacro. Quindi si affronta con grande attenzione, studio, ma anche coraggio e un pizzico di incoscienza. I grandi ci hanno insegnato che bisogna buttarsi, avere una propria idea e provarci».

Come si è preparato all'adattamento?

«Per prima cosa ho riletto il libro tutto d'un fiato, senza segnarmi nulla. E mentre lo leggevo mi riempivo gli occhi con fotografie dell'epoca. Ce ne sono tante. Come quelle di Boelle Ciceri, diventato un personaggio nel romanzo di Satta e presente anche nel fumetto. Era un farmacista con la passione per la fotografia ed esiste un bellissimo volume con i suoi scatti. Ho insomma fatto una grande ricerca, usando materiale preso soprattutto dagli archivi dell'Ilisso e dell'Isre, che poi è stata filtrata dalla mia maniera di disegnare, di interpretare».

Dal punto di vista narrativo, quanto è stato difficile trovare la giusta chiave per condensare il racconto nelle pagine a disposizione?

«A prescindere dalla sua importanza, è un romanzo che ha una difficoltà di traduzione intrinseca perché non è costruito con una narrazione di stampo classico. Ci sono un sacco di suggestioni che entrano in scena in maniera particolare, sembra che si sia aperto un discorso che poi non si chiude. Almeno apparentemente. Per arrivare a una conclusione ci ho messo tantissimo. È stato più lungo questo lavoro della realizzazione pratica. Ho dovuto lasciare fuori così tanta roba, numerose suggestioni, alcune anche delle mie preferite, perché ho dovuto tracciare una linea. E in questa ricerca di un centro di gravità permanente mi è stato di grande aiuto Andrea Cannas dell'università di Cagliari, profondo conoscitore dell'universo sattiano. Mi ha spinto a ragionare bene sulla danza macabra che è diventato il punto focale attorno al quale costruire il resto».

Parlava di suggestioni, una inedita rispetto al romanzo arriva dalla scelta di iniziare il fumetto mostrando ai lettori Salvatore Satta bambino. Come nasce questa idea?

«È una mia intuizione. C'è una cosa che amo particolarmente del romanzo: il racconto della raccolta dei fiammiferi. Che è di fatto la raccolta dei suoi ricordi, quello che cercherà di fare con “Il giorno del giudizio”. Quel passaggio mi ha fatto pensare a Satta bambino sul quale ho costruito la parte iniziale del fumetto».

Qual è stato il momento più difficile quando ha cominciato a disegnare, la tavola che le ha creato maggiori problemi?

«Una in particolare, ma per ragioni tecniche di narrazione, non dal punto di vista della difficoltà grafica. La ricerca del giusto link narrativo tra Salvatore Satta bambino e Pietro Catte, personaggio chiaveche torna a Nuoro per suicidarsi. C'è una tavola in cui Satta sente suonare un clacson, si gira e vede un postale. È semplice rispetto ad altre che sono strutturate in modo molto più complesso, ma narrativamente è di fatto l'unica tavola in cui sono stato costretto poi a intervenire. Nella tavola originale c'è una vignetta in meno, ho dovuto ridisegnarne completamente una nuova».

Dal romanzo viene fuori un rapporto particolare di Satta con Nuoro. Anche lei è nuorese, com'è il suo rapporto con la città?

«Credo che il rapporto di Satta con Nuoro sia più in generale il suo rapporto con il genere umano. Non credo nemmeno che sia così cattivo con Nuoro, non più di quello che sia con il resto del mondo. Diventa un odio privilegiato perché lui conosce quella roba là, la stessa che lo porta nell'olimpo dei grandi scrittori della letteratura mondiale perché il racconto diventa universale. Io sono molto lontano dalla sua visione del mondo, per quello è stato ancora più interessante calarmi nel suo punto di vista. Amo Nuoro, ho scelto di restare a viverci, ma è sicuramente una cittadina molto complessa».

Dopo Salvatore Satta le piacerebbe in futuro lavorare su altri grandi autori nuoresi?

«Ho provato da subito a tracciare una mia strada e ho affrontato Satta dopo aver fatto diverse cose. In futuro chissà, posso dire che adoro Grazia Deledda».

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