La Nuova Sardegna

Antonio Lo Frasso il poeta sardo che fece impazzire Don Chisciotte

di Paolo Curreli
Antonio Lo Frasso il poeta sardo che fece impazzire Don Chisciotte

A quattrocento anni dalla morte di Cervantes la figura multiforme del letterato algherese

06 maggio 2016
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SASSARI. «Este libro es –dijo el barbero abriendo otro– Los diez libros de Fortuna de Amor, compuestos por Antonio de Lofraso, poeta sardo (...)».

Mentre Don Chisciotte giace nel suo letto, convalescente dalle bastonate che la sua prima avventura gli hanno procurato, i due suoi più cari amici, il barbiere e il curato, si occupano della cernita dei titoli che hanno un influsso malefico sulla povera mente del fantasioso hidalgo. La selezione – ad opera dei due personaggi creati dal grande Miguel – è l'occasione per una ironica critica delle inverosimili trame e degli strampalati personaggi della letteratura cavalleresca. Ironia che si percepisce chiara anche nella sentenza di grazia che salva “I dieci libri di Fortuna e di Amor” dal falò che si va preparando nel cortile: «Per i sacri ordini che ho ricevuto! – esclamò il curato – da che Apollo fu Apollo, muse le muse, e poeti i poeti, non è stato mai composto un libro tanto strambo e divertente come questo. Nel suo genere è il migliore e il più singolare di quanti di questa specie hanno visto la luce: e chi non lo ha letto può dire di non aver mai letto cosa di gusto. Datemelo qua, amico preferisco aver trovato questo libro, che se mi avessero regalato una sottana di del miglior panno di Firenze».

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Ma chi era il poeta sardo la cui opera i due benpensanti paesani salvano dalle fiamme? La voce del “Dizionario biografico” Treccani, curata da di Franco Pignatti ipotizza la nascita di Antonio Lo Frasso di Alghero nella metà del XVI secolo «da famiglia appartenente al ceto militare, proveniente dalla piccola feudalità priva di titolo devota alla Corona spagnola; un ramo della famiglia, trasferitosi a Sassari, fu accolto nella nobiltà isolana all'inizio del XVII secolo...». Ma sono proprio le avventure di Frexano protagonista de “Los Diez Libros…” – pseudonimo di Lo Frasso – che ci aiutano a ricostruire la biografia e immaginare la figura del “poeta sardo”. La trama dovrebbe ricalcare le vicende personali del poeta, in fuga da Alghero dopo aver passato un paio d'anni in galera (forse per un amore illecito per una giovane algherese), il poeta cerca riscatto a Barcellona. Nell'Arcadia sarda Lo Frasso ambienta lo sfortunato amore del pastore Frexano per la bella algherese Fortuna, vicenda amorosa che si svolge durante la competizione tra i buoni pastori, e gli arroganti e cattivi porcai. Storia che per gli studiosi, racconta il conflitto in Sardegna negli anni 1540-50 tra la fazione che fa capo al viceré e i nobili isolani, fedeli alla Corona ma contrari alla politica dispotica del suo rappresentante. Frexano, che parteggia (ovviamente) per gli ovejeros, viene accusato falsamente di omicidio, subisce l'onta della carcerazione e Fortuna sposa un altro pastore.

A Frexano –come ad Antonio – non resta che recarsi alla corte di Barcellona per cercare, finalmente, giustizia. Di questo tratta la seconda parte del racconto, che descrive la grande città, con la sua nobiltà impegnata in feste e giostre, tra cui quella in onore delle nozze del conte sardo il barone di Quirra. Nell'opera anche alcune poesie in catalano e sardo dove Lo Frasso esprime la sua personale sofferenza: “Mudende ateru quelu ateru istadu, animu ancor mudare mi crehia, et passende su mare ampiu turbadu passare s'aspra pena qui sentia...”. “Cambiando cielo e cambiando stato credevo di cambiar anche l'anima mia…”.

A Barcellona Antonio Lo Frasso scrive anche “Mil y dozientos consejos y avisos discretos”, consigli in versi rivolti ai suoi figli che continuano a vivere in Sardegna.

Tra prigioni, sogni di gloria e ricerca di nobiltà la vita dell'algherese Antonio assomiglia un po’ a quella del, quasi coetaneo, madrileno Miguel De Cervantes. E le loro vicende si intrecciano anche, Cervantes viene ferito nella battaglia di Lepanto, nel 1571, di cui Lo Frasso è il primo reporter assoluto con “Il verdadero discurso de la Batalla de Lepanto”, descrizione tanto esatta che si può credere che ne fu testimone oculare, se non militare impegnato in prima linea.

Si incontrarono? Si conobbero di persona? Nessuno, per ora, lo sa. L’opera di Antonio Lo Frasso era molto popolare e citata dalle dame iberiche come sfoggio di grazia e sapienza. Tanto è vero che Cervantes, nel “El Vizcaíno fingido”, consiglia i “Diez libros de Fortuna d'Amor” come lettura adeguata alla donna che desidera fare bella figura in società. Cervantes passò l'inverno del 1573-74 in Sardegna, e un poeta sardo che si esprimeva in castigliano certo non poteva sfuggire alla sua curiosità, o forse Miguel era anche un po’ indispettito dal successo di questo provinciale che passa dal sardo al catalano e poi – intuendo il cambio della lingua del potere – approda al castigliano.

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Nel 1610 Cervantes viveva a Barcellona, epoca in cui girava un foglio di lode in versi all’opera di un corpo di polizia impegnato nella lotta ai bandoleros firmato dal “pastore Frexano”, forse uno pseudonimo di Antonio Lo Frasso? L’ipotesi è della studiosa Maria A. Roca Mussons che immagina Cervantes contrariato da un poeta che vende la sua penna. Gesto che gli fa cambiare radicalmente opinione sul valore dell’algherese.

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