La Nuova Sardegna

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Momo, fuga dall'Isis per trovare nell'isola un canestro di felicità

di Giovanni Dessole
Mohamed Sissoko
Mohamed Sissoko

L'incontro fra la Gabetti Alghero e il 23enne profugo del Mali: «Era la prima volta, ho provato e oggi amo la pallacanestro»

28 dicembre 2016
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ALGHERO. Mohamed Sissoko, 195 centimetri, è un giocatore della Gabetti Pallacanestro Alghero. È il mondo del basket amatoriale, il campionato Uisp, a raccontare il suo presente: Momo non è lo straniero tesserato per vincere, è un ragazzo del Mali di 23 anni, musulmano, fuggito dalla sua terra e dal suo continente a caccia della libertà, arrivato ad Alghero, ospite della struttura “Vel Marì” e sposato alla pallacanestro.

La cosa più facile sarebbe banalizzare la sua storia, limitandola alla scoperta di un lieto finale, magari anche comune, ma molto più complesso di quel che ci si aspetti e si possa pensare. Lieto finale, soprattutto, ancora da scrivere.

Quando la bandiera nera dell'Isis inizia a sventolare sulla sua casa, Mohamed Sissoko viene catturato dagli jihadisiti: arruolarsi o morire. «Combatti con noi, ti pagheremo: mi dicevano. Io parlavo la loro lingua e avevo un gran fisico, loro avevano tanti prigionieri maliani, potevo essere un loro mediatore – racconta Momo -. Ma loro ti uccidono, senza pietà. Non ci ho pensato, ho aspettato che dormissero e sono fuggito. Sapevo che sarebbero venuti a cercarmi in Algeria».

Oppure fuggire via, correndo per una notte intera sulle sue lunghe leve sino alla possibilità di un futuro altrove. La fuga dai miliziani è una porta sbarrata alle sue spalle. Non può più tornare dalla sua famiglia: scappato dalla sua regione - al nord del Mali sul confine con l'Algeria e campo base dell'Isis – attraversa il deserto, di notte. Passa per l'Algeria (sei mesi), poi l'arrivo in Libia, un'altra porta (pagata) stavolta aperta sui suoi sogni.

Prima però c'è da sopportare l'incubo, una lurida cella del carcere libico, esperienza troppo lontana da quel che in Europa si può immaginare. La reclusione è il viatico alla traversata, vissuta su una fragile lingua di legno fradicia e senza spazi: «Ho preferito rischiare di morire che restare in Libia, c'era la guerra».

Donne e uomini ammassati fra stiva e ponte: la “fortuna” sorride a Momo che resta proprio sul ponte, all'aria aperta.

E infine sbarca a Cagliari, Momo, ultima tappa prima di arrivare ad Alghero. Esattamente un anno fa, nel parcheggio antistante il centro di accoglienza Vel Marì, si ferma una macchina che fa salire tre degli ospiti e li porta a giocare a pallacanestro. Fra loro c'è anche Momo, hanno le All Star ai piedi. Poco dopo, come dono di compleanno, riceveranno delle vere scarpe da basket.

Curiosi di giocare i ragazzi scoprono per la prima volta la pallacanestro, e sorridono. Da quel giorno Mohamed Sissoko non ha più smesso, e oggi è parte integrante della Gabetti Pallacanestro Alghero.

Sudore e impegno sul parquet gli hanno insegnato a palleggiare, ad avere il controllo della palla e a “spezzare il polso”. E sul campo, Momo, segna. E si diverte.

«Molto divertente il basket, mi è piaciuto molto – dice sorridendo il ragazzo -. Prima mi annoiavo. Ero sempre al centro ma senza far nulla. Stai con te stesso, pensi sempre da solo e il tuo pensiero può diventare brutto. Poi mi hanno detto che Valdo voleva parlare con me. Ho giocato, ho provato. Oggi amo la pallacanestro».

«Vedere Momo sorridere nel dopo partita, stanco, ma felice è il canestro più importante che la Gabetti abbia mai realizzato nei suoi due anni di esistenza – spiega Valdo Di Nolfo, capitano e fondatore del team -. Pensare che tra un mese un giudice potrebbe negargli il diritto di asilo e separarlo dalla nostra realtà ci spaventa. Ma noi ci facciamo forza a vicenda, è così che fanno le famiglie».

Il 9 gennaio si presenterà davanti al giudice come migrante, e una parte del suo destino sarà decisa dalla legge: «Ho un po' paura, no anzi ho tanta paura. Ho visto i giudici in televisione. Non mi alleno sereno, non vado a scuola sereno: se ci penso ho paura. Se mi dovessero dare una risposta negativa, se dovessi andare via dal centro – senza documenti –, se dovessi lasciare l'Italia non so davvero cosa fare».

Intanto, sul campo da basket, la Gabetti Alghero ha incontrato la New Basket Ploaghe. E sul parquet Momo ha incontrato Elysi Fane, anche lui maliano ma di Diema, nella parte occidentale del paese. Storie simili, la palestra, la palla arancio e una squadra che diventa una seconda famiglia. Momo e Elysi non si conoscevano, ma si sono sfidati all'ombra del canestro. Con tutto lo sportivo agonismo del caso, ma in barca alle classifiche, ai playoff e alle vittorie.

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