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Conte e Del Bosque così carismatici eppure così diversi

di Valentino Beccari
Conte e Del Bosque così carismatici eppure così diversi

Un percorso simile da giocatori e da tecnici, un atteggiamento in panchina quasi opposto, tatticamente molto preparati

26 giugno 2016
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INVIATO A MONTPELLIER. Uno Conte, il ct dell’Italia, il titolo nobiliare ce l’ha impresso dalla nascita sulla carta di identità; l’altro, Del Bosque, il selezionatore della Spagna, lo ha acquisito dopo la vittoria ai Mondiali del Sudafrica quando il re Juan Carlos lo insignì del titolo di Marchese che il pacato Vicente trasmetterà per via ereditaria ai suoi successori. Un Conte contro un Marchese per una sfida col sangue blu visto che domani a Parigi scenderanno in campo cinque titoli mondiali (quattro per l’Italia e uno per la Spagna) e quattro titoli europei (tre per la Spagna e uno per l’Italia). Una sfida araldica tra due allenatori diversi nell’approccio mediatico, nello stile, figli di due epoche diverse (Del Bosque ha 65 anni, Conte 46), eppure due tecnici che hanno avuto un percorso simile da calciatori prima e da allenatori poi. Entrambi centrocampisti di corsa e sostanza con piedi operai ma intelligenza tattica da Harvard: la gavetta nel Castilla e nel Cordoba per Del Bosque, a casa sua nel Lecce per Conte. Poi il Real Madrid per Vicente, invitato alla tavola imbandita di trofei, e la Juve per Conte con scudetti e Champions.

Allenatori in campo, leader ma con atteggiamenti diversi, silenzioso il primo adrenalinico il secondo.

La panchina del Real per Del Bosque che vince scudetti e Champions League ma troppo normale per un presidente da effetti speciali come Florentino Perez. La Juve per Conte che la prende per mano ferita e la riporta in prima fila in Italia. Con la Nazionale Del Bosque ha già vinto un Mondiale e un Europeo mentre Conte si è attrezzato per fare qualcosa di grande prima di approdare a Londra.

Quella tra i due tecnici è una sfida nella sfida. Lo spagnolo è un “patriarca” della panchina che gode del rispetto della squadra e dell’ambiente dall’alto dei suoi titoli e della sua saggezza. L’italiano è un motivatore, un generatore di energia, grinta ed entusiasmo, un “elettricista” del pallone che tiene alta la tensione fino ai limiti della scossa. Tatticamente poi sono entrambi preparatissimi.

Con la generazione dei fenomeni Del Bosque ha tradotto il tiki taka del Barcellona inventandosi Fabregas falso nueve alla Messi e oggi che il nueve è vero ha modificato l’assetto della squadra che con Morata verticalizza di più anche se il possesso palla resta il segno distintivo dell’azienda di famiglia. Conte gioca sull’avversario, lo studia, le sue pupille arrossiscono a forza di vedere video, arriva alla partita che conosce vizi privati e pubbliche virtù di ogni giocatore e sa a memoria i movimenti avversari come uno studente delle medie le poesie del Leopardi. Non dispone di una squadra di campioni e allora gioca sulle lacune dei rivali come un pugile che non ha il colpo del ko, però riesce a vincere sapendo incassare i colpi. Domani al Saint Denis il Conte contro il Marchese, non c’è miseria ma solo nobiltà.

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