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Nei trionfi azzurri c’è spesso un oriundo Il primo fu Mosso

di Valentino Beccari
Nei trionfi azzurri c’è spesso un oriundo Il primo fu Mosso

INVIATO A MONTPELLIER. Eder ha scritto l’ultimo capitolo di una storia di cent’anni. Già perché l’avventura degli oriundi in Nazionale è antica quanto il calcio. Bisogna sfogliare le pagine...

19 giugno 2016
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INVIATO A MONTPELLIER. Eder ha scritto l’ultimo capitolo di una storia di cent’anni. Già perché l’avventura degli oriundi in Nazionale è antica quanto il calcio. Bisogna sfogliare le pagine ingiallite dell’album dei ricordi per trovare traccia della presenza di oriundi in maglia azzurra. Il primo ad indossarla fu Eugenio Mosso, un argentino figlio di italiani nato a Mendoza nel 1895. Con i fratelli Francisco, Benito e Julio, Eugenio (detto anche Mosso III) giocò con il Torino dal 1912 al 1925 ed esordì in Nazionale nell'amichevole contro la Svizzera disputata allo Stadio Marassi di Genova il 5 aprile 1914, e terminata 1-1. Mosso però ballò una sola partita in azzurro anche perché nei suoi anni migliori l’attività era sospesa a causa della Prima guerra mondiale. Era un centravanti di buona tecnica, ma amante anche dei piaceri di Bacco e Venere tanto da meritarsi il soprannome di “Grignulin”. Non fu il più forte, ma fu il primo. Del resto, migliaia di italiani avevano attraversato l’Atlantico in cerca di fortuna soprattutto in Argentina, Brasile e Uruguay e presto i dirigenti delle squadre piemontesi e lombarde si accorsero dei grandi talenti che sbocciavano dalle parti di Buenos Aires, Rosario, Cordoba, Rio e Montevideo. E allora dal Sudamerica arrivò un bastimento carico di talentuosi. E l’Italia campione del mondo di Vittorio Pozzo del 1934 balla sicuramente il Tango perché il successo della Coppa Rimet porta la firma di due argentini convertitisi alla causa: Luis Monti e Raimundo Orsi. Quest’ultimo è un autentico fuoriclasse che in Nazionale colleziona ben 35 presenze. Di quella squadra fanno parte anche gli altri argentini Enrique Guaita e Attilio Demaria e il brasiliano Anfilogino Guarisi. Quattro anni dopo a Parigi un altro trionfo azzurro e la presenza esotica è garantita da Michele Andreolo, uruguaiano del Bologna. Però l’oriundo più famoso del periodo è probabilmente Renato Cesarini, marchigiano di nascita ma emigrato a pochi mesi con la famiglia a Buenos Aires. Cresce nei Barrios della capitale, ama il Tango e le belle donne ma danza anche con il pallone tra i piedi. Lega il suo nome alla Juve e a una “zona”, la famosa “zona Cesarini” perché segna una rete all'ultimo minuto di gioco durante l'incontro di Coppa Internazionale Italia-Ungheria e si ripete anche in campionato. La sagra degli oriundi prosegue anche nel dopoguerra: debuttano in Nazionale anche Alcides Ghiggia e Juan Alberto Schiaffino che indossarono l’azzurro nel crepuscolo della loro carriera, mentre agli albori vinsero il Mondiale del 1950 con la “Celeste” dell’Uruguay. Tracce di azzurro anche per Omar Sivori e Angel Benedicto Sormani. Argentina, Uruguay e Brasile i giacimenti più ricchi ma in maglia azzurra giocano anche lo scozzese Giovanni Moscardini, il sudafricano Edwing Roland Firmani e lo svizzero Ermanno Aebi. E come dimenticare Mauro German Camoranesi, l’ultimo oriundo campione dle mondo nel 2006.

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