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«Un eterno colpo di fulmine Cagliari mi ha stregato»

di Roberto Muretto

Daniele Conti racconta i sedici anni trascorsi con addosso la maglia rossoblù «L’abbraccio ai miei figli dopo i gol al Torino è l’immagine che mi porto dietro»

25 maggio 2016
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INVIATO A CAGLIARI. Non ce l’ha fatta a trattenere le lacrime. Daniele Conti è un “duro” dal cuore tenero, che ha ceduto all’emozione quando ha visto lo stadio Sant’Elia tutto in piedi per scandire il suo nome. L’ex capitano del Cagliari ha vissuto una serata che non dimenticherà. Sarà uno dei ricordi più belli di un ragazzo che in Sardegna è diventato uomo. Terra della quale si è innamorato, dove ha deciso di far crescere i propri figli. La maglia rossoblù è cucita sulla sua pelle. Ha appeso le scarpe al chiodo ma la sua storia col Cagliari continua.

Da quanto aveva in mente di salutare così i tifosi?

«Da tempo ci pensavo. Ho smesso da un anno ma ero troppo deluso per la retrocessione e in quel momento non era il caso di fare festa. Sono felicissimo per l’affetto che tutti mi hanno dimostrato e per aver rivisto tanti amici».

I tifosi le hanno regalato una standing ovation.

«Sono cresciuto insieme a loro. Un’accoglienza così è il massimo. E’ vero, ho pianto anche questa volta ma era impossibile non emozionarsi».

Se dovesse scrivere una canzone per raccontare il suo rapporto col Cagliari Calcio come la intitolerebbe?

«Grande amore. Per me indossare la maglia rossoblù è stato questo. Ogni volta che la mettevo, mi è successo anche oggi, mi venivano i brividi, sentivo quasi una scossa».

Tre fotogrammi che racchiudono tutta la sua storia calcistica?

«La coreografia che oggi il pubblico ha preparato per me; l’abbraccio ai miei figlio dopo i gol segnati al Torino, immagine che mi accompagna sempre; l’abbraccio ai miei ex compagni, coi quali ci vediamo poco perchè alcuni stanno dall’altra parte del mondo. Sono sensazioni che è difficilissimo raccontare con le parole».

Come ha fatto a convincere Massimo Cellino a tornare al Sant’Elia?

«È stato il mio presidente per tanti anni. Col quale ci sono state frizioni e forse ho sbagliato a dire certe parole nei suoi confronti. Ma in quel momento per me contava solo il Cagliari. Tra me e lui c’è stima e rispetto. Non mi aveva promesso che sarebbe venuto ma nel mio cuore sapevo che sarebbe stato qui».

Qual è l’allenatore a cui si sente più legato?

Sono tanti quelli che ho avuto in questi sedici anni. Ma se proprio devo fare un nome dico Massimiliano Allegri. Lui mi ha insegnato tanto. Era già avanti con le idee e sono felice che stia vincendo tutto. Ha mantenuto la stessa umiltà di quando allenava il Cagliari e ogni volta che ci abbiamo giocato contro, è sempre venuto negli spogliatoi per ringraziarci del lavoro fatto insieme».

Bruno junior assomiglia calcisticamente più a lei o a suo papà?

«Spero a mio padre che dal calcio ha avuto le più grandi soddisfazioni. Da lui ho imparato che i figli vanno lasciati crescere senza pressioni. Con me e mio fratello è stato esemplare. Io farò altrettanto».

Santiago Colombatto potrà diventare il suo erede?

«Mi ha impressionato. Ha personalità, qualità tecniche, determinazione. Deve crescere ma i presupposti ci sono. Non so dire se sarà il mio erede, come sempre il verdetto lo emetterà il campo».

Ha qualche rammarico?

«Nessuno. Restare al Cagliari è stata una scelta della quale non mi sono mai pentito. L’affetto dei tifosi, che nonostante abbia smesso da un anno, è rimasto intatto, è la cosa più bella, quella che porterò dentro il cuore per sempre».

Forse una convocazione con la Nazionale?

«No. La mia Nazionale è stata il Cagliari. Ho fatto la carriera che ho meritato, qui mi sono tolto tante soddisfazioni e sono stato protagonista. Aver conquistato la fiducia della gente, anche di quella che non è appassionata di calcio, è motivo d’orgoglio».

Lei lavora con i centrocampisti del settore giovanile del Cagliari, sta forse pensando di intraprendere la carriera di allenatore?

«Sono contento di quello che faccio. Un lavoro interessante che mi sta regalando delle soddisfazioni. Insegnare i segreti del pallone a ragazzi che hanno tanti sogni nel cassetto, è una cosa bellissima. Sono stato troppo tempo lontano da casa quando giocavo, ora voglio godermi la famiglia e andare a vedere le partite dei miei figli».

Chiudiamo con la promozione del Cagliari.

«È’ tornato dove merita di stare: in Serie A. La squadra, l’allenatore e la dirigenza meritano solo complimenti. Le ferite della retrocessione si sono rimarginate, anche se ogni volta che ci penso riprendono a sanguinare».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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