La Nuova Sardegna

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«È il mercato che volevamo fare»

di Roberto Sanna
«È il mercato che volevamo fare»

Il presidente della Dinamo Sardara: «Sono sereno, Pasquini e Meo sanno come muoversi e i primi acquisti mi soddisfano»

16 luglio 2015
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SASSARI. «Il nostro mercato è cominciato ben prima della fine dei playoff e Federico Pasquini sa bene cosa fare. Credetemi, su questo fronte ero molto più stressato gli anni scorsi. Stavolta sono assolutamente tranquillo e sereno». Il presidente della Dinamo Stefano Sardara vive con tranquillità la fase della ricostruzione, del resto sarebbe un autogol clamoroso rinunciare a gustarsi la gioia per una stagione come quella appena conclusa disperdendo energie fisiche e nervose dietro nomi e giochi al rialzo. Le precedenti stagioni hanno dimostrato che il metodo e la filosofia della Dinamo sono vincenti, nessuno può pensare di ripetere un triplete e nemmeno di presentarsi al via con la pretesa di fare fare il “back to back” tricolore, ma è lecito attendersi una squadra in linea con quello che abbiamo visto negli ultimi campionati. Poi ci sono gli avversari e comunque il verdetto sarà quello del campo. Per adesso, il primo vero problema per una realtà come Sassari è metabolizzare il fatto che è stato tutto vero.

Dica la verità: quale è stato il vero segnale che vi ha convinto che la Dinamo ha davvero vinto lo scudetto?

«Per quel che mi riguarda, un viaggio di lavoro in situazioni che col basket non avevano nulla a che vedere. Ho ricevuto tantissimi complimenti in posti come la Puglia o la Sicialia, gente che si era appassionata ai playoff e aveva fatto un grande tifo per noi. Ho capito che siamo veramente riusciti a suscitare e regalare emozioni, è stata una cosa molto bella».

Adesso siamo già nel pieno del mercato: prime mosse in linea con le aspettative?

«Assolutamente. Il nostro gm Pasquini si stava già muovendo da tempo e sa dove andare a cercare, lui e Meo Sacchetti sanno che giocatori cercare e soprattutto quali incastri bisogna fare. Per questo sono molto tranquillo, abbiamo un gruppo di lavoro collaudato. Nei primi anni della mia presidenza alla Dinamo ero molto più stressato sul mercato, lo ammetto».

Si sono dette tante cose su un presunto caso per Gani Lawal, cosa c’è di vero?

«Non è un argomento sul quale voglio commentare. Dico solo che per me il Lawal è uno solo e si chiama Shane, il resto non mi interessa».

Una delle domande che tengono banco è quanti del vecchio gruppo rivedremo nella prossima stagione.

«Non è detto che qualcuno non rimanga, dipende da tante situazioni e non sempre da noi. Per esempio, per tenere a Sassari Shane Lawal dovrei avere a disposizione un milione e centomila dollari da dargli ma per averli dovrei prima investire qualche centinaio di euro per procurarmi un mitra e andare a rapinare una banca... Non mi sento minimamente di mettere in discussione le qualità di un gruppo col quale abbiamo vinto tutto, sia ben chiaro. Solo che ora abbiamo a che fare con situazioni diverse. Non ci sarà alcuna bocciatura, giusto per essere più precisi, non me lo sogno nemmeno».

Il solito gioco di incastri, insomma.

«Esatto. Quando scegliamo un giocatore, dobbiamo pensare a quelli che poi lo affiancheranno. Che so, un Logan poteva andar bene con Dyson a fianco e magari meno bene con altri. Non stiamo seguendo solo giocatori, insomma, ma una serie di incastri che alla fine diventeranno il nuovo roster. Quello che finora abbiamo fatto è in linea coi programmi, abbiamo preso i giocatori che volevamo e continueremo così».

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