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Dinamo, rimonta storica Dal -18 alla standing ovation

di Roberto Sanna

Biancoblù inguardabili per 25’, Venezia domina il campo: poi controbreak di 35-15 e vittoria Edgar Sosa protagonista nel momento decisivo, bene anche Kenny Kadji e Rakim Sanders

04 maggio 2015
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SASSARI. All’inferno e ritorno, perché le vie di Meo Sacchetti e delle sue squadre sono infinite. Dal -18 (25-43) a una standing ovation (88-80) che al PalaSerradimigni non si vedeva da tempo. Dall’aria di de profundis che si respirava all’intervallo, quando sembrava che la partita contro Venezia e anche la stagione fosse ormai finita, alla speranza che questo gruppo abbia ancora tanto da dire. Perché il guizzo di Trento a Capo d’Orlando probabilmente ha inchiodato la classifica così com’è nel tabellone dei playoff, ma se l’ultimo quarto d’ora ha resuscitato il vero Banco allora vincere una partita in trasferta può non essere un problema. E poi, diciamola tutta, se questo davvero può essere l’ultimo ballo di un ciclo fantastico e forse irripetibile, allora scendiamo in pista col vestito più bello e danziamo finché c’è musica.

L’inferno. Quello del primo tempo, in particolare del secondo quarto. In 20’ il Banco è stato in vantaggio una volta sola (20-18 a 50’’ dalla prima sirena) risalendo da un inizio faticoso (2-8, 12-17) e in più dal momento di quel primo sorpasso i biancoblù hanno offerto il peggio. Parziale negativo di 5-25, facce tristi, attacchi a testa bassa uno contro cinque senza passarsi la palla, assoluta incapacità di difendere in modo decente. La scelta di chiudere l’area sul pick and roll si è tramutata in una valanga di triple subite (5/7 nel primo quarto, 12/16 all’intervallo per Venezia), nel secondo quarto il Banco è scivolato a -18 senza nemmeno commettere un fallo. Il primo a commetterlo è stato Dyson a 2’25’’ dall’intervallo, a quel punto l’elettroencefalogramma sembrava piatto, la Dinamo un gruppo di persone che aspettava soltanto di staccare la spina alla stagione per disperdersi in giro per il mondo ognuno per conto suo alla caccia di un contratto migliore.

Il ritorno. A metà del terzo quarto la Dinamo è ancora sotto di 14, 41-55, e non sembra venire a capo della situazione. Venezia ha sempre tiri buoni e in difesa alterna zona e uomo per non dare ritmo ai biancoblù, che continuano a non passarsi la palla e inventarsi improbabili tiri dal palleggio (solo 5 assist nel primo tempo, poi 15 totali). Poi arriva un minibreak che sembra casuale e invece è l’inizio dell’ondata. Una tripla di Brooks, due tiri liberi di Lawal. E due schiacciate di Sanders sempre su assist di Sosa, due che fino a quel momento avevano fatto quasi esclusivamente autogol. Parziale di 9-0 con Venezia che sta a guardare, 51-55, partita riaperta, Recalcati fiuta qualcosa di strano e chiama time-out. Non gli basta, la Dinamo riparte con un altro parziale di 7-0 che vale il secondo vantaggio e anche l’inerzia. Perché Venezia pareggia con un triplone di Goss, ma per Venezia è tardi, è già un’altra partita. La partita della Dinamo e del suo pubblico, perché il PalaSerradimigni si è infiammato come sa fare, come non accadeva da troppi mesi, e in questo clima e in questo ambiente la Dinamo difficilmente si lascia sfuggire le occasioni.

I protagonisti. Venezia non avrà più altri vantaggi, il parziale del Banco da quel -18 è di 35-15, continua ad andare. Meo fa le sue scelte, pochi italiani (19’ in tutto per Devecchi, Sacchetti e Formenti) e spazio al redivivo Sosa e Kadji che dalla panchina portano 21 punti nei momenti più importanti. Una volta lanciato il Banco non si ferma più, mentre Venezia continua con le sue amnesie contro le grandi del campionato. Il punteggio resta per un po’ a un possesso di distanza (60-58, 63-60), Sosa e Kadji firmano il +10 (82-72) a -2’45’’ dalla fine. A questo punto la Dinamo può perdere solo con un suicidio e per fortuna ce lo risparmia.

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