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Cagliari, la parola d’ordine è crederci

di Roberto Muretto
Cagliari, la parola d’ordine è crederci

La squadra e l’allenatore non mollano: «La matematica ci tiene ancora in corsa, lunedì dobbiamo battere il Parma»

01 maggio 2015
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INVIATO A VERONA. La parola d’ordine è non arrendersi. Ma una cosa sono le intenzioni, un’altra il verdetto del campo. La sconfitta col Chievo, forse, è stato il colpo di grazia per il Cagliari, tenuto in vita solo dalla matematica. E’ la prestazione che i rossoblù hanno fornito al “Bentegodi” a condannare una squadra senza anima, che tre giorni prima aveva messo alla frusta la Fiorentina, per poi perdersi di fronte a un avversario (il Chievo) a cui è bastato fare il compitino per prendersi i tre punti e festeggiare la salvezza. Nonostante la serie B sia quasi una certezza (recuperare otto punti all’Atalanta nelle cinque partite che restano da giocare, è difficilissimo), il tecnico Gianluca Festa non molla e fa sapere che anche nello spogliatoio tutti sono dello stesso avviso. Un sms che contrasta con quello che mercoledì sera si è visto sul campo. Approccio e spirito sbagliati, giocatori molli, confusi, senza uno straccio di idee. Classico atteggiamento di chi è rassegnato.

Le scelte. Premesso che Festa è stato chiamato quando la barca stava per inabissarsi, la scelta del tecnico del Cagliari di lasciare fuori Farias per rilanciare Sau, si è rivelata infelice. L’attaccante di Tonara in questo momento è solo un lontanissimo parente del giocatore che si conosce, mentre il brasiliano è in forma e 72 ore prima aveva fatto a pezzi la difesa viola. Quando Festa si è deciso a farlo entrare, è stato l’unico che ha provato a scassinare l’organizzatissima difesa dei clivensi, andando vicinissimo al pareggio. «Sau per noi è un giocatore importante - le parole del mister rossoblù -. Ho pensato che la freschezza di Farias avrebbe potuto rivelarsi decisiva a gara in corso». Un pensiero sbagliato e una scelta discutibile.

Condizione fisica. Il Cagliari non è una squadra spremuta. Possibile che se ogni tanto gli capita di giocare ogni tre giorni, i calciatori non riescano a recuperare? Il problema l’ha posto Festa che in sala stampa ha detto: «Non eravamo quelli di Firenze perchè non abbiamo recuperato energie fisiche e mentali». Il secondo aspetto ci può stare, il primo no, perchè vorrebbe dire che è stata sbagliata la preparazione. E di solito chi punta alla salvezza nel finale di stagione deve avere tanta benzina nelle gambe.

Nervosismo. Le espulsioni di Murru e Cossu sono un segnale. La squadra non è tranquilla, non è mentalmente predisposta per sopportare le pressioni. La paura di sbagliare, sapere che bisogna vincere tutte le partite rappresenta un handicap. E’ come se i rossoblù giochino col fardello. Ecco perchè si è avuta la sensazione che la vittoria di Firenze sia stata un fuoco di paglia che si è spento in poche ore. Con quello spirito e con quella determinazione, probabilmente a Verona le cose sarebbe andate in modo diverso. La continuità di rendimento in questo campionato è stata un optional.

Il calendario. Rispetto ad Atalanta e Cesena il Cagliari un piccolo vantaggio ce l’ha. Deve giocare tre partite in casa, una in più delle dirette concorrenti. Il cammino dei bergamaschi non è in discesa. Nelle prossime tre partite ospiteranno Lazio e Genoa, squadre che non faranno sconti perchè vogliono un posto in Europa. La pattuglia di Reja dovrà giocare a Palermo, formazione che non ha più nulla da chiedere al torneo ma con un allenatore, Iachini, che pretende sempre il massimo. 270 minuti che decideranno il futuro del Cagliari, chiamato a fare l’en plein anche se sul suo cammino troverà i campioni d’Italia della Juventus col pensiero rivolto alla sfida di Champions League col Real Madrid .

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