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Ekdal, da gregario a leader silenzioso

di Roberto Muretto
Ekdal, da gregario a leader silenzioso

Il centrocampista svedese si è portato a casa il pallone della gara con l’Inter: «Tre gol, quasi quasi ancora non ci credo»

30 settembre 2014
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MILANO. Si è portato a casa il pallone della partita. E appena arrivato a Cagliari si è precipitato a casa per mostrarlo alla fidanzata. E’ stata una domenica speciale per Albin Ekdal. Il centrocampista svedese, 25 anni, non aveva mai segnato una tripletta. Il suo bottino in campionato era di cinque gol, uno a stagione. Ha ricevuto la telefonata di suo papà Lennart, giornalista molto conosciuto nel suo Paese, che gli ha fatto i complimenti. Mentre Hamren, ct della nazionale, ha sicuramente preso appunti e lo inserirà nella lista dei convocati per i prossimi impegni di qualificazione all’europeo. «A distanza di un giorno forse non ho ancora realizzato - spiega -. So soltanto che sono felice per aver segnato tre reti in uno stadio così importante. Gol che dedico agli amici e alla mia ragazza».

Contratto col Cagliari fino al 2016, è arrivato in Italia sei anni fa, acquistato dalla Juventus. Quando ha cominciato era un centrocampista più portato ad offendere che a difendere. Nella serie A ha imparato che saper fare le due fasi di gioco è fondamentale per chi ricopre il suo ruolo. «E con Zeman posso migliorare ancora - aggiunge -. Finalmente siamo riusciti a mettere in pratica i suoi concetti, portando a casa tre punti fondamentali dopo un inizio di stagione difficile. Ora dobbiamo proseguire su questa strada. A Milano siamo stati aggressivi del primo minuto. E’ quello che dobbiamo fare sempre».

Ekdal è taciturno. Non gli piace stare sotto i riflettori ed è quasi in imbarazzo per tanta attenzione. Domenica sera, in aeroporto, è stato quasi “assalito” da un nugolo di ragazzi e ragazze che hanno fatto a gara per farsi fotografare con lui e avere un autografo. «Sono una persona tranquilla - sottolinea con un leggero sorriso -, una volta finita la partita e gli allenamenti mi piace stare con la mia ragazza. Sono anche tanto legato alla mia famiglia anche se sono lontano da anni li sento spessissimo».

Nello spogliatoio c’è stata festa. I compagni lo hanno portato in trionfo, cosa che avevano già fatto sul campo. «E’ stata una grande gioia e una liberazione. Sapevamo che la classifica era bugiarda. Provavo un po’ di fastidio a vedere il Cagliari all’ultimo posto. Ma la strada è lunga, dobbiamo migliorare. Sono certo che la squadra ha grandi margini di crescita. Abbiamo cambiato il modo di giocare e anche la mentalità. Il mister ci chiede di attaccare, di giocarcela senza paura. L’esatto contrario di quello che abbiamo fatto contro la Roma. Partite così non le giocheremo più».

Tante parole, forse molte di più di quelle che ha detto da quando è sbarcato in Sardegna. Ekdal non è uno a cui piacciono particolarmente taccuini e microfoni, preferisce esprimersi sul campo. Il suo pensiero è già proiettato alla gara di sabato col Verona. «Giocheremo con lo spirito di chi è consapevole che può vincere o perdere con chiunque. Conta l’atteggiamento, dovrà essere lo stesso della partita col Verona».

Poi ci sarà spazio per la nazionale. Ekdal, giocatore nel pieno della maturità, si è ritagliato uno spazio importante. «Se il ct mi chiamerà sarò felicissimo - conclude -. Sono convinto di poter dare un contributo importante per centrare la qualificazione agli europei. Giocare a livello internazionale è importante per maturare e correggere i difetti».

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