La Nuova Sardegna

Sassari

Viaggio nei quartieri di Sassari, Monte Rosello resiste alla povertà

di Gabriella Grimaldi
Viaggio nei quartieri di Sassari, Monte Rosello resiste alla povertà

Il rione popolare nacque dopo la costruzione del ponte in epoca fascista. In Corso Pascoli una miriade di piccoli negozi e tutti i servizi necessari

05 marzo 2017
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SASSARI. Già attraversare il bellissimo ponte risalente ad epoca fascista lasciandosi alle spalle il centro storico della città, significa andare oltre, entrare in una realtà urbana in miniatura, dove la vita quotidiana pulsa a ritmo parallelo con il cuore di Sassari. Corso Pascoli, l’arteria che spacca in due il grande e popoloso quartiere di Monte Rosello nelle sue declinazioni Basso e Alto, in una giornata soleggiata di inizio anno è tutto un brulicare di persone. C’è chi, studenti e donne con le buste della spesa, affollano la fermata dell’autobus, chi fa la fila nel chiosco di frutta e verdura, chi dà un’occhiata ai giornali davanti all’edicola o entra nella farmacia poco più avanti. Non ci sono serrande chiuse, almeno in corso Pascoli, e a questa prima occhiata il quartiere appare tutt’altro che sonnolento o un dormitorio di periferia. Ci sono tutti i servizi: gli uffici postali, la banca, le scuole anche superiori, la Questura e i presidi del Comune. E non mancano le attività dei piccoli artigiani, come il calzolaio, le riparazioni di cucito (va per la maggiore però quello cinese) o la pasta fresca, quasi introvabili in altre zone.

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Per certi aspetti infatti il cuore di questo rione storico è rimasto quasi immutato, a quanto dice chi ci vive da sempre. Il ponte fu realizzato nel Ventennio per collegare Sassari con le zone costiere e i piccoli centri di Sorso e Sennori. Fino ad allora chi voleva raggiungere queste aree doveva attraversare a piedi, o a cavallo, la valle del Rosello, dove avrebbe probabilmente visto le donne lavare i panni nella fontana (ancora oggi il monumento simbolo di Sassari), e poi incamminarsi in campagna fino al mare. Con la costruzione del ponte si pensò ai primi insediamenti abitativi di edilizia popolare che ancora oggi sono visibili in via Bogino, nella zona del Sacro Cuore, in via Deledda.

Con i suoi circa 20mila abitanti è il secondo, dopo quelli di Cappuccini, Lu Fangazzu e Luna e Sole messi insieme. Una parte della città che ospita operai, artigiani, impiegati del terziario, commesse. Insomma, un quartiere poco più che proletario, costruito e cresciuto grazie alle case popolari, dall’Inacasa alle case comunali. Poi, nella zona di via Baldedda, sono arrivate le prime cooperative (fine anni 60, primi anni 70). Per anni, anzi per decenni, il Monte Rosello è stato il simbolo di una netta separazione fra la città e il resto della campagna, dei villani che “andavano a Sassari” solo per lavorare. Tutto questo si rifletteva anche nell’aspetto architettonico del quartiere. Negli ultimi tempi, però, anche il Monte sembra aver cambiato volto. Resta però da chiedersi se si tratti di una rivoluzione puramente estetica o se sta effettivamente facendo seguito il cambiamento del tessuto sociale. «In realtà - dice don Pietro Faedda, parroco di Sacro Cuore, basilica che svetta nella parte bassa del quartiere - la popolazione che vive in questa zona è molto invecchiata e oggi si vivono tutti i disagi di chi abita in palazzi spartani e modesti, quindi, ad esempio quasi tutti senza ascensore. In tanti anziani o disabili si trovano letteralmente prigionieri in casa». E poi c’è la povertà, che in questo quartiere si fa sentire come un tempo. «Assistiamo circa 200 famiglie - dice ancora questo dinamico parroco - a cui paghiamo bollette e distribuiamo generi di prima necessità». Un impegno che si moltiplica fra le comunità che ruotano attorno alle altre due chiese nella parte alta del quartiere, Cuore Immacolato in via Deledda e Buon Pastore.

Ma ci sono anche i lati positivi perché nel campetto del Sacro Cuore il pomeriggio è tutto un via vai di bambini, genitori e nonni impegnati nelle iniziative che la parrocchia offre in perfetta sintonia con l’istituto scolastico che si affaccia sulla piazza: scuola dell’infanzia, scuola primaria e media diretto da Vittorio Sanna: «Il nostro è un impegno costante - dice -. Soprattutto il coinvolgimento le famiglie per le quali, primi in città, abbiamo istituito la Consulta». E si vede nei tanti progetti e laboratori che lasciano tracce tangibili come la serra, l’orto, i progetti Erasmus.

Insomma, il quartiere, con le sue contraddizioni, si distingue per avere un’identità forte in cui i residenti si riconoscono. Tanto che in molti, andati via da ragazzi per lavoro o per studio, da adulti scelgono di tornare a vivere qui, nella minicittà oltre il ponte Rosello.

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