La Nuova Sardegna

Sassari

Aborto, far applicare la legge è una corsa a ostacoli

Eugenia Tognotti

Le polemiche per la assunzione di due medici non obiettori: il decreto del governatore del Lazio è appropriato e tutela il diritto delle donne alla salute

27 febbraio 2017
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Nell'incandescente disputa di questi giorni sull'ormai famoso concorso all'ospedale romano San Camillo, riservato a due ginecologi non obiettori all'aborto, le prese di posizione s'intersecano e s' influenzano, toccando diversi piani, da quello politico-ideologico a quello etico. In campo il ministro della salute, la Cei, gli Ordini professionali dei medici della Regione Lazio e quello nazionale, i movimenti pro-vita, la Cgil, l'Associazione Luca Coscioni e, ancora, costituzionalisti ed esperti di diritto del lavoro. Sul tappeto le denunce dei rischi di incostituzionalità, le critiche alle modalità di reclutamento, ritenute discriminatorie, e le polemiche su un presunto attacco strisciante all'obiezione di coscienza, garantita dalla legge sull'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), pur non specificando, nel concreto, come farlo, assicurando, allo stesso tempo, la copertura della domanda di interruzione volontaria di gravidanza, data la scarsità di ginecologi non obiettori.

Varrebbe la pena di ragionare sulle posizioni di abortisti e antiabortisti e sul cruciale tema – assai dibattuto nei Paesi anglosassoni – che riguarda i possibili limiti dell'obiezione di coscienza in Sanità, in presenza dei vertiginosi progressi della medicina, in particolare nei campi della ginecologia, della genetica medica, della consulenza genetica.

Ma questo, come si dice, sarebbe un altro discorso. Mentre, al momento, è la vicenda del concorso voluto dal governatore del Lazio Nicola Zingaretti a proporre motivi di riflessione. Il primo rimanda al fatto che per dare concreta attuazione a quella che è una legge dello Stato i responsabili delle strutture sanitarie devono poter disporre di medici non obiettori. Un'esigua minoranza rispetto agli obiettori che in alcune regioni, e in particolare al Sud, superano, e di molto, l'80 per cento, come emerge dalle statistiche ufficiali sintetizzate in grafici e tabelle pubblicate questi giorni dai giornali. Un tema caldissimo per l'Italia a cui il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa ha indirizzato un duro richiamo. Proprio a causa dell'elevato e crescente numero di medici obiettori, il nostro Paese viola, in conseguenza dell'inadeguata protezione del diritto delle donne di accedere all'aborto, anche quello alla loro salute.

Come fare, allora, per avere la certezza che le strutture pubbliche assicurino l'applicazione della 194? E per garantire che le donne che fanno questa scelta possano abortire in sicurezza, ricevendo un'adeguata assistenza, senza correre i mortali rischi propri di un passato che un Paese civile dovrebbe essersi lasciato alle spalle per sempre? La strada scelta dal governatore del Lazio appare quindi appropriata, in attesa di interventi correttivi (come concorsi dedicati per reclutare personale non obiettore, un albo pubblico dei medici obiettori ecc.). Peraltro il testo del decreto – bollato come «iniquo» dall'Ordine dei Medici di Roma – non indicava, tra i requisiti previsti, l'obiezione di coscienza (cosa che in effetti avrebbe potuto sollevare questioni ). Specificava , piuttosto, le mansioni specifiche da svolgere nell'ambito delle attività assistenziali per l'applicazione della legge 194 nel settore del Day Hospital e Day Surgery. Chi legittimamente era obiettore poteva scegliere di non partecipare al concorso e scegliere di lavorare in altri campi del servizio sanitario.

Insomma – comunque la si pensi su aborto e obiezione di coscienza – l’assunzione di quei due medici non obiettori all’ospedale San Camillo non dovrebbe indurre a strapparsi le vesti e a gridare all’istigazione al tradimento del Giuramento di Ippocrate. Piuttosto, tra tanto rumore sulla 194, colpiscono, da una parte, i mancati richiami agli interventi di prevenzione dell'aborto previsti da quella legge e per la procreazione cosciente e responsabile. Dall'altra il silenzio sul percorso disseminato di ostacoli e difficoltà che tante donne, con storie diverse, in tante parti d'Italia, devono affrontare per veder riconosciuto un diritto previsto da una legge dello Stato.

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