La Nuova Sardegna

Sassari

Erittu, la difesa: «Pentito inattendibile»

di Nadia Cossu
Erittu, la difesa: «Pentito inattendibile»

Il giallo del detenuto morto in cella. In appello gli avvocati di Sanna e Vandi: il reo confesso Bigella è un calunniatore

17 gennaio 2017
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SASSARI. «Perché l’agente di polizia penitenziaria Mario Sanna, una persona integerrima e stimata, si sarebbe dovuto prestare a una operazione di questo tipo? Perché rendersi complice di un omicidio? Neppure Giuseppe Bigella ha saputo rispondere a questa domanda cruciale».

Ruotano intorno alle dichiarazioni del pentito Giuseppe Bigella le arringhe dei difensori nel processo che si sta celebrando davanti alla corte d’assise d’appello presieduta da Plinia Azzena per far luce sulla morte del detenuto Marco Erittu, trovato senza vita nella sua cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2007. Caso inizialmente archiviato come suicidio e poi, proprio in seguito alle dichiarazioni del reoconfesso Bigella (che indicava Pino Vandi come mandante del delitto e Nicolino Pinna e l’agente di polizia penitenziaria Mario Sanna come suoi collaboratori nell’esecuzione), la Procura aveva riaperto le indagini.

E si sono concentrate sulla scarsa attendibilità di Bigella le discussioni di Agostinangelo Marras (difensore di Sanna) e di Pasqualino Federici (legale di Pino Vandi).

I dubbi sulla credibilità del reo confesso erano stati sollevati dalla difesa anche in merito alla ricostruzione del delitto fornita dal pentito il quale aveva sostenuto di aver ucciso Erittu soffocandolo con un sacchetto di plastica. A Pinna spettava invece il compito di simulare il suicidio per impiccamento tagliando una striscia della coperta che era in cella. I periti in primo grado hanno però stabilito che quella striscia non fosse dello stesso tessuto. Per la difesa, quindi, il pentito ha sempre mentito. «Mancano completamente – ha ribadito ieri l’avvocato Marras – i riscontri alle accuse di Giuseppe Bigella. Il sacchetto di cui ha parlato esiste solo nella sua fantasia considerato che di quella busta non c’è alcuna traccia. Il perito Avato aveva giustamente sostenuto che mancando l’arma del delitto fosse impossibile fare un’analisi del delitto medesimo. Quindi quale confinamento da busta? Erittu è morto per impiccamento». Riconosce poi, Marras, che qualche “pasticcio” gli agenti lo abbiano fatto «ma solo perché temevano sanzioni per negligenza». E poi torna a parlare di Bigella, l’avvocato Marras: «Non è vero che il suo racconto è disinteressato. Porta dei benefici la sua confessione. Non aveva nulla da perdere e aveva invece molto da guadagnare, doveva già scontare 30 anni per l’omicidio della gioielliera di Porto Torres Fernanda Zirulia e la condanna a 16 anni in abbreviato per l’omicidio Erittu non avrebbe modificato il quadro carcerario. Non dimentichiamo, poi, che Bigella è stato giudicato allo stato degli atti, gli altri imputati dopo un dibattimento che ha ribaltato tutto». «Mario Sanna, che nemmeno era in servizio quella mattina, serviva nell’impostazione accusatoria – conclude Marras – Perché aveva le chiavi della cella. Ma questo può bastare perché la versione di Bigella sia credibile?» .

Poi la parola passa a Pasqualino Federici, che difende Vandi. Anche lui punta il dito contro Bigella: «Il fatto che si sia autoaccusato del delitto significa che abbia detto la verità? Fermo restando il libero convincimento del giudice, un giudizio di responsabilità deve essere pronunciato oltre ogni ragionevole dubbio. Il primo vaglio è la credibilità soggettiva del chiamante in correità. Possiamo cadere nei tranelli di coperte corte o lunghe? Bigella è un assassino e basta, lo dice una sentenza passata in giudicato. È un assassino feroce che ha ucciso per lucro». «Nel processo penale non esiste l’inversione dell’onere della prova, non sono io che devo dimostrare e colmare le tante lacune di un racconto fantasioso» Ecco perché, secondo Federici, «la verità di Bigella va vagliata minuziosamente. Perché il riscontro è come l’indizio: deve essere certo, univoco. Qui, al contrario, non ce n’è uno che tenga».

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