La Nuova Sardegna

Sassari

Sì o No: l’Italia vota sulla Costituzione. Nell'isola alle 19 affluenza al 51,27%

Sì o No: l’Italia vota sulla Costituzione. Nell'isola alle 19 affluenza al 51,27%

Seggi aperti dalle 7 alle 23, non serve il quorum. Si decide su taglio dei senatori e fine del bicameralismo paritario

04 dicembre 2016
3 MINUTI DI LETTURA





ROMA. Il gran giorno è arrivato. Dopo una delle campagne elettorali più lunghe e sfibranti della storia repubblicana, oggi 47 milioni di cittadini (3 milioni e 995mila italiani all’estero hanno già votato) sono chiamati alle urne per approvare o bocciare la riforma Boschi-Renzi che modifica 47 articoli della Costituzione. La riforma è stata approvata con la maggioranza assoluta dei membri del Parlamento ma non con i 2/3 e quindi, come previsto dall’articolo 138 della Carta, è scattato il referendum confermativo. Questo vuol dire che non ci sarà l’incognita del quorum ma peseranno gli indecisi. Il cui peso può essere determinante per il risultato così come l’affluenza.

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:regione:1.14514629:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/regione/2016/12/04/news/il-voto-per-la-costituzione-alle-12-nell-isola-affluenza-al-18-78-1.14514629]]

Quel che è certo è che Matteo Renzi affronta la sfida decisiva della sua carriera politica. Il voto degli italiani sulla riforma costituzionale segnerà il destino del premier. La vittoria del Sì al referendum offre pochi scenari alternativi: o un Renzi rafforzato che rilancia l’azione del governo e va allo scontro con «l’Europa dei burocrati», oppure - ma è un’ipotesi seccamente smentita dai suoi - un premier che decide di incassare il voto del referendum portando il Paese ad elezioni anticipate. È dunque probabile che, in caso di vittoria, Renzi decida di andare avanti col suo governo, scalare ancora le classifiche di longevità, vincere a mani basse il congresso del Pd per poi presentarsi agli elettori nel febbraio del 2018 e affrontare la sfida con il M5S. Molto più variegati sono gli scenari in caso di vittoria del No.

Dopo i proclami di un anno fa, Renzi ha scelto un’altra strategia comunicativa, cercando di scindere il suo destino dall’esito del referendum. Ma seppur con meno nettezza, il messaggio è sostanzialmente lo stesso: il 5 dicembre - è l’unica certezza che i suoi collaboratori diffondono - Renzi salirebbe al Colle per rimettere, presumibilmente una volta approvata la legge di Bilancio, il mandato nelle mani di Sergio Mattarella. E quello che succederà dopo dipenderà dalle valutazioni del presidente della Repubblica ma anche dalle scelte di Renzi. Se infatti i No dovessero prevalere di misura, la convinzione di molti parlamentari vicini al premier è che il segretario del Pd cercherebbe di trasformare i tanti voti per il Sì alla riforma in voti per sé alle politiche. E allora la strada potrebbe essere un governo di scopo con il compito di varare in pochi mesi una nuova legge elettorale e andare subito ad elezioni anticipate.

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:regione:1.14508953:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/regione/2016/12/03/news/pigliaru-e-il-pd-per-il-si-ma-la-maggioranza-e-divisa-solo-i-dem-a-favore-della-riforma-gli-altri-politici-sardi-schierati-per-il-no-1.14508953]]

Uno scenario, questo, a cui guardano il Movimento 5 Stelle, il centrodestra e Sinistra Italiana, che chiedono elezioni anticipate. Grillo punta forte sul No al referendum. «Votate con la pancia» ha detto in chiusura di campagna elettorale. Il messaggio è che il voto vero è sul governo Renzi, non sulla complessa riscrittura della Carta. E il passo successivo alla auspicata vittoria del No, per il M5S, deve essere il voto. «Per noi la via maestra è il ritorno alle urne». La linea, insomma, non cambia: no ad alleanze o accordi di governo, il movimento resta indisponibile a sostenere un eventuale esecutivo tecnico o di transizione. E se Renzi non lasciasse Palazzo Chigi nonostante una vittoria del No? «A quel punto» spiega una voce interna al movimento «lo scontro tornerebbe caldissimo. Non staremmo a guardare». A promettere battaglia è anche il centrodestra che sul fronte del No è riuscito a ricompattarsi. Berlusconi, Salvini, Meloni ma anche Fitto e Quagliariello, tutti dalla stessa parte come non accadeva da tempo.

Paradossalmente, però, potrebbe essere proprio il trionfo elettorale del No l’inizio del big bang a destra. Un redde rationem indifferibile probabilmente anche se il disegno di legge costituzionale Boschi ottenesse il consenso degli elettori. Le ricette per il dopo referendum dei tre leader, infatti, divergono. O meglio, sono diversi i punti di vista del duo Salvini-Meloni da una parte e di Silvio Berlusconi dall’altra. I primi chiedono che si vada subito al voto, qualsiasi sia la legge elettorale. Il Cavaliere, invece, parla di “grosse koalition”e della nascita di un governo che sia chiamato - e non in breve tempo - a cambiare una volta per tutte l’Italicum.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
La lotta al tabacco

Un sardo su tre fuma e i divieti sono ancora blandi

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative