La Nuova Sardegna

Sassari

LO SPAVENTAPASSERI E LA FLOW EXPERIENCE

La metafora dello spaventapasseri della scorsa settimana spiega al meglio il concetto di unità nella performance, ossia il sentirsi una cosa sola e inseparabile con l’essenza di ciò che si sta...

23 luglio 2016
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La metafora dello spaventapasseri della scorsa settimana spiega al meglio il concetto di unità nella performance, ossia il sentirsi una cosa sola e inseparabile con l’essenza di ciò che si sta facendo nel momento esatto in cui lo si fa.

Lo spaventapasseri non pensa a cosa fare, semplicemente spaventa gli uccelli, è pura funzione. Nella psicologia occidentale questo processo prende il nome di flow experience (esperienza di flusso): uno stato di coscienza in cui la persona è completamente immersa in ciò che svolge.

Molti sportivi descrivono, in alcune loro prestazioni, di avere raggiunto un tale livello di sintonizzazione da non rendersi conto che le stavano svolgendo. Questa esperienza di vertice non riguarda solamente lo sport e campioni, ma tutti noi nella varie attività che svolgiamo.

Ragionate, vi è mai capitato di sentirvi talmente coinvolti nel fare qualcosa da perdere la percezione del tempo che passa, dal non badare a dove foste, dal non aver nessun pensiero, nessuna preoccupazione e allo stesso tempo svolgere il compito con naturalezza, semplicità e senza faticare? Se vi è capitato avete sentito il potere del flusso. Alcune persone sperimentano questa sensazione pregando, altre lavorando, alcune mamme lo descrivono nel rapporto con il figlio neonato, altri ascoltando la musica.

Lo sportivo letteralmente brama questa dimensione. Citando Luigi Lodde, tiratore al piattello, l’atleta mentalmente più forte con il quale ho lavorato, un giorno mi disse: «Non so come spiegarti, semplicemente ad un certo punto ho sentito che non ne avrei più sbagliato manco uno, e così è stato».

Dice bene Luigi, si parla di una sensazione, perciò cercarla è il miglior modo per non trovarla. Come chi soffre d’insonnia e si dice “Ok adesso smetto di pensare” e facendo questo pensa. La chiave al contrario sta nel non controllo, nel lasciar andare i pensieri e nello smettere di forzarsi a cercare. Mentre scrivo osservo mio figlio di due anni che prova a palleggiare, sbaglia riprova, sbaglia riprova… è profondamente divertito. Ecco il flusso e la trance agonistica. Mi prometto di non interferire eccessivamente nella sua vita per non bloccargli questo livello di coscienza e penso a quanto sbagliamo come educatori e istruttori sportivi intervenendo eccessivamente… Adesso nello scrivere, un po’ in flusso ci sono anch’io.

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