La Nuova Sardegna

Sassari

Fiume Santo, la centrale e gli asini

di Gianni Bazzoni

L’ultima bandiera che sventola sulle ciminiere è quella ceca. Gli impianti hanno vissuto passaggi di varie nazionalità ma niente è cambiato

22 maggio 2016
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L’ultima bandiera che sventola sulle ciminiere di Fiume Santo è quella ceca. Ormai gli impianti hanno vissuto passaggi di diverse nazionalità: dagli italiani di Stato dell’Enel agli spagnoli dell’Endesa, dai tedeschi di E.On agli ultimi arrivati che fanno capo all’avvocato quarantenne Daniel Kretinsky, patron dello Sparta Praga. Uno sportivo di primo piano, insomma, che ha già associato il marchio EP della centrale elettrica anche alla maglia del Cagliari appena promosso in serie A.

Cosa è cambiato negli anni? Niente, la situazione è peggiorata e il piano di sviluppo strategico per l’energia in Sardegna è stato trasformato in un salto nel buio. Oggi non si sa che cosa accadrà domani e le certezze riguardano solo tutto ciò che è andato perduto: posti di lavoro, un investimento da 700 milioni di euro legato a un nuovo gruppo a carbone (superato dai tempi) e a un progetto che ha impiegato undici anni per essere dichiarato “scaduto”. Gettati via anche gli accordi, siglati ai massimi vertici istituzionali (a Roma come a Cagliari) per dare un ruolo al polo energetico del nord Sardegna e - allo stesso tempo - garantire la tutela ambientale.

Cosa sarà di Fiume Santo non si sa: milioni di euro bruciati in quegli impianti nel nome dell’energia per la Sardegna e del cavo sottomarino con il continente che ci ha fatto uscire dall’isolamento. Per lungo tempo è stata alimentata l’illusione che con il cambiamento potessero arrivare altri posti di lavoro, che l’impatto ambientale e visivo di un impianto di vecchia concezione si potesse governare sulla base di nuove normative e di tecnologie all’avanguardia. Invece era un bluff, perché gli accordi vengono cestinati come una pallottola di carta, così pure l’Autorizzazione ambientale integrata (l’unica rilasciata in Italia) che va a scadenza definitiva il 4 giugno.

Oggi si può pensare che il rinnovo chiesto dai tedeschi di E.On era uno stratagemma utile per non deprezzare troppo gli impianti nella fase delicata della vendita di Fiume Santo, perché Ep Produzione - dopo appena un anno - non ne tiene più conto. La politica industriale la fanno le multinazionali in Sardegna, è evidente. Ci siamo riempiti i campi di pannelli solari cresciuti come fnghi e di pale eoliche che ora vengono demonizzate. Tutto per pochi posti di lavoro per il territorio ma grandi affari (sempre per pochi). Ora, la società ceca considera un investimento gli interventi per una fermata di manutenzione della centrale che è obbligatoria, essenziale per evitare conseguenze pesanti e rischi per le persone. Nel frattempo si rivedono a lavoro pensionati che - come denunciato dal sindacato - timbrano il cartellino. Cosa è? La Repubblica delle Banane? In un territorio dove sono state combattute battaglie sindacali importanti, dove sono state espresse le migliori professionalità poi esportate in tutto il mondo, nessuno si indigna più. Nessuno si assume responsabilità e nessuno decide. Si dice no a tutto per non rischiare. Forse anche al gas che la Regione prevede in due poli - a Porto Torres e Sarroch - e non resta niente. Perché non esiste un modello di sviluppo, cresce la crisi e i senza lavoro sono sempre di più. Gli operai finiscono . a fare lavori socialmente utili, a manutenzionare i giardini. Ancora per poco perché già si parla di asini tosaerba. E forse un razzo Vega ci porterà tutti via con un forte boato che lascerà una scia del nulla.

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