La Nuova Sardegna

Sassari

Indagine con il georadar sull’area archeologica

di Gavino Masia

Èquipe dell’università di Cagliari sonda il terreno nei pressi del ponte romano L’esito della ricerca è propedeutico alle opere da farsi contro i rischi idrogeologici

03 settembre 2015
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PORTO TORRES. L’èquipe dell’università di Cagliari guidata dal geofisico Gaetano Ranieri ha cominciato ieri mattina le indagini georadar e le prospezioni geoelettriche finalizzate a definire la struttura in fondazione del Ponte Romano e le eventuali emergenze archeologiche nell’area individuata all’interno del progetto di sistemazione idraulica del fiume Mannu. Indagini propedeutiche per mettere in sicurezza tutta l’area dal rischio idrogeologico e per consentire ai tecnici incaricati di effettuare tutti gli opportuni sondaggi sul terreno. «Ci stiamo occupando dell’indagine georadar per quel che riguarda l’eventuale presenza di strutture archeologiche virtuali giacenti nell’area fra Turris Libisonis e il fiume - dice il professore dell’ateneo cagliaritano – e per conoscere le strutture sepolte del Ponte Romano attraverso l’utilizzo di strumenti non invasivi già usati in altri contesti archeologici».

Una ricerca delle strutture fondali del Ponte Romano costruito sul rio Mannu, dunque, connesso allo stesso monumento, per sapere qual è la situazione a valle del Ponte e anche per vedere le strutture che oggi non si vedono. «Si tratta di una opera importante adesso - aggiunge Ranieri -, figuriamoci in epoca Romana, dove faceva parte di un sistema urbano che comprendeva anche il fiume: noi vogliamo conoscere se questo sistema può ancora reggere, come io penso, alle eventuali inondazioni e movimenti dell’acqua particolari».

Ieri l’equipe ha sondato il primo ettaro di terreno, oggi esplorarà la zona che costeggia il fiume, poi passerà all’analisi della parte elettrica sotto il ponte: «Sono due giorni interi di lavoro, cui seguirà la parte di elaborazione che nel giro di 20 giorni produrrà i risultati richiesti da amministrazione e Soprintendenza archeologica».

Ranieri in tempi recenti ha contribuito a trovare le nuove strutture di Mont’e Prama utilizzando proprio il georadar - uno strumento in grado di scandagliare la terra sfruttando il principio degli apparecchi che controllano cieli e mari -, e secondo i dati raccolti sarebbe venuta fuori solo una piccola parte di quello che potrebbe essere un sito dalle dimensioni inimmaginabili. Il suo compito attuale è quello di raccontare con dati certi quello che potrebbe esistere sotto il terreno vicino al fiume Mannu e sotto il Ponte Romano, elementi estremamente importanti sia per conoscere la storia antica sia per poter dare finalmente l’avvio a quel progetto del Pit fluviale per la messa in sicurezza della foce del fiume e l’ampliamento dell’alveo per consentire navigabilità e rinaturalizzazione dell’ultima parte del corso d’acqua.

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