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A Sassari esplode la rabbia dei docenti precari

di Vincenzo Garofalo
A Sassari esplode la rabbia dei docenti precari

Infuocata assemblea convocata dalla Flc Cgil. Duecento insegnanti chiedono a Pigliaru di fare ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge

06 agosto 2015
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SASSARI. Sdegno, rabbia, rassegnazione, e una richiesta ben precisa: «Il governatore Pigliaru faccia ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge cosiddetta della Buona scuola». Nella sala conferenze della Flc -Cgil sassarese, in largo Budapest, si parla della Legge 107 del 13 luglio 2015, ossia della riforma del mondo dell’istruzione che il governo nazionale ha calato dall’alto battezzandola con un binomio indorato. La segreteria provinciale ha invitato la responsabile nazionale, Anna Fedeli, per spiegare ai precari della scuola sassarese cosa devono aspettarsi dalla riforma e dalla lotta che il sindacato ha messo in piedi per cercare di alleviare l’impatto che la rivoluzione del governo Renzi avrà su di loro. E nella sala stracolma, i precari trasudano sdegno, collera e rassegnazione. La speranza ha lasciato il posto alla rabbia di una giovane insegnante, che ascolta con attenzione le spiegazioni della segretaria nazionale e quando Anna Fedeli accenna un riferimento alla classe politica, al partito di governo, in Italia e in Sardegna, lei grida con tutto il fiato che ha in gola: «Il Pd se lo scorda il nostro voto! Con noi hanno finito».

La sorpresa dura un micro secondo, poi la sala esplode in un boato e in un applauso che fa tremare le pareti e che dà l’esatta misura dell’esasperazione di chi è precario da una vita, senza scelta. Fino a quel momento Fedeli, affiancata dal segretario territoriale della Flc-Cgil di Sassari, Luigi Canalis, aveva spiegato con pazienza e chiarezza le varie fasi della riforma, i rischi evidenti e quelli nascosti, le richieste e i piani di lotta del sindacato. Fase zero, fase A, B, C, graduatorie a esaurimento, concorsi, supplenze, chiamate dirette lasciate alla discrezione dei dirigenti scolastici. Una selva di norme, numeri e date che rendono la riforma un rompicapo e che lasciano nell’angoscia il muro umano dei precari.

Un pacchetto bocciato dall’assemblea: «L’unificazione delle ultime fasi della riforma avrebbe impedito clamorose ingiustizie nelle immissioni in ruolo, poiché nella assegnazione delle cattedre nella fase B, prevarrà la scelta della provincia e solo in seconda battuta il punteggio posseduto dai singoli concorrenti sulla medesima provincia. Viceversa, nella fase C, che si riferisce all’organico potenziato richiesto dalle singole scuole, l’assegnazione dei posti sarà determinata dal Miur sulla base delle richieste dei dirigenti scolastici, e questo potrà consentire a docenti con punteggio inferiore di ottenere un incarico più vicino a casa rispetto a quei docenti che, avendo partecipato alla fase B, hanno “ottenuto” il ruolo magari in altre Regioni». Una beffa per gli insegnanti finora condannati a una cattedra a ore, stremati da dubbi e attese. Come Caterina, 44 anni: da supplente ha girato tutta la provincia: «Ora non so che fine farò. Questa riforma ci costringe ad accettare un incarico ovunque, anche fuori dalla Sardegna. Io non ho figli e potrei trasferirmi, ma dopo vent’anni di precariato, alla mia età, è giusto, è umano che io debba abbandonare la mia famiglia, le mie radici, perché altrimenti mi fanno fuori definitivamente dal mondo del lavoro?». Antonella di anni ne ha 43, una laurea in pedagogia, tre concorsi superati e tra abilitazioni conquistate non le hanno spianato la strada del lavoro: è precaria da 11 anni: «farò come tutti la domanda nazionale, ma ho veramente paura. Sto passando un’estate di angoscia. Questa del Governo non è una riforma, è un ricatto psicologico al quale noi precari non possiamo sottrarci».

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