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Tratta delle nigeriane, 21 condanne

Nadia Cossu
Tratta delle nigeriane, 21 condanne

La sentenza della corte d’assise: 170 anni per gli imputati, due anni e 10 mesi al penalista accusato di favoreggiamento

18 novembre 2014
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SASSARI. Una condanna complessiva a centosettanta anni e tre assoluzioni per i ventiquattro imputati del processo “Osusu”.

Le accuse e la sentenza. A sette anni dalla clamorosa operazione della squadra mobile di Sassari, è arrivata ieri mattina la sentenza della corte d’assise presieduta da Plinia Azzena. Ventiquattro persone, la maggior parte straniere, erano finite a giudizio con l’accusa di aver ridotto in schiavitù prostitute nigeriane attraverso un’associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento della prostituzione. Tra gli imputati anche l’avvocato penalista Giuseppe Onorato, 44 anni, che ieri è stato condannato a due anni e dieci mesi per favoreggiamento della prostituzione. Per lui è invece caduta – su richiesta dello stesso pm della Dda Gilberto Ganassi – proprio l’accusa più pesante relativa all’associazione a delinquere e infatti per questo reato è stato assolto «per non aver commesso il fatto». Ieri il penalista sassarese era presente in aula, ha atteso per ore che i giudici uscissero dalla camera di consiglio e rendessero pubblica la loro decisione.

Gli assolti. Un processo molto complesso e articolato quello che si è concluso nell’aula della corte d’assise con condanne che vanno da un massimo di dodici anni a un minimo di cinque per 21 imputati. Per tre invece è arrivata l’assoluzione «per non aver commesso il fatto»: si tratta di Eliseo Salis, 37 anni, Costantino Marras, 52, e Peter Ossheni Ekuase di 36 anni. Imponente anche il collegio difensivo composto dagli avvocati Gabriele e Franco Luigi Satta, Gianluigi Poddighe, Maurizio Serra, Marco Costa, Carlo Pinna Parpaglia, Sergio Porcu, Pier Luigi Carta, Nicola Lucchi, Gabriela Pinna Nossai, Stefano Mannironi, Paola Milia.

L’inchiesta del 2007. Le indagini “sarde” di un filone investigativo molto più ampio incentrato sullo schiavismo del terzo millennio, erano state condotte dalla squadra mobile sassarese diretta all’epoca da Giusy Stellino che nel 2007 sgominò un’organizzazione internazionale che secondo le accuse comprava e vendeva giovani donne. Nigeriane, per lo più, obbligate in seguito a mettere in vendita il proprio corpo. I metodi di costrizione erano i soliti usati dagli sfruttatori nigeriani: il sequestro dei documenti, le violenze e le minacce di riti voodoo. Questo perché negli ambienti di provenienza delle vittime, la superstizione è un’arma potentissima. L’operazione di polizia, coordinata dall’allora pubblico ministero Michele Incani della Procura sassarese (che aveva poi trasmesso gli atti alla Dda di Cagliari), era stata chiamata «Osusu» perché, nel dialetto di origine di alcuni degli imputati, si chiama così la cassa comune. Ed era proprio una «osusu» quella creata dalle maman della banda per acquistare nuove ragazze da destinare al marciapiede in Italia.

La posizione di Onorato. A Giuseppe Onorato era stato contestato di avere presentato centinaia di domande-fotocopia di asilo politico per cittadine nigeriane i cui nominativi, secondo il pm della Dda, gli erano stati forniti non dalle interessate ma dai loro «padroni» aguzzini. Pezzi di carta, corredati da una fotografia, che i componenti dell’organizzazione ritenevano fondamentali, tanto è vero che era la prima cosa che veniva fatta fare alle ragazze appena arrivate in città. In questo modo le donne non sarebbero state espulse. Gli avvocati difensori di Onorato – Franco Luigi e Gabriele Satta – avevano invece sempre sostenuto che quelle non fossero istanze di asilo politico ma richieste di appuntamento in questura dove ognuno avrebbe dovuto spiegare i motivi della richiesta da inoltrare a Roma. Pezzi di carta che, in sintesi, non avrebbero salvato le ragazze dall’espulsione, all’epoca dei fatti. In una delle ultime udienze Ganassi aveva fatto cadere nei confronti del legale imputato le accuse di far parte dell’associazione a delinquere e quella di aver favorito la permanenza di clandestini in Italia.

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