La Nuova Sardegna

Sassari

Diciotto anni all’appuntato infedele

di Daniela Scano
Diciotto anni all’appuntato infedele

Francesco Silanos condannato per avere fatto finire in carcere sette persone innocenti con l’aiuto di un complice

24 giugno 2014
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Nel giorno del giudizio ha preferito evitare lo sguardo dei giudici che aveva sostenuto con sicurezza per decine di udienze. Le persone offese, invece, hanno preferito evitare il suo e non si sono presentate in aula. L’appuntato algherese Francesco Silanos, 37 anni, ieri è uscito quasi di corsa dal tribunale dopo la sentenza che lo ha riconsegnato alla società civile con il fardello di una condanna che disonora la divisa da carabiniere che ha indossato fino al 2008. Diciotto anni e nove mesi di reclusione. È questa la pena che secondo i giudici del tribunale dovrà scontare il graduato dell’Arma accusato di avere organizzato tre falsi blitz antidroga per fare bella figura con i superiori. Sette persone erano finite in carcere, tra il 2007 e il 2008, proclamando la propria innocenza anche di fronte a quella che i carabinieri mostravano come una prova inoppugnabile: un panetto di droga sotterrato in giardino o ritrovato tra la merce in un negozio. In qualche caso si trattava di persone che avevano avuto guai con la giustizia e che, dopo avere pagato il proprio debito, si stavano ricostruendo una vita. Nel mirino erano finiti anche tre commercianti marocchini incensurati.

Sei anni fa lo sgomento e la disperazione di quei presunti colpevoli passarono inosservati, come spesso capita quando le forze dell’ordine consegnano ai giudici la “prova regina”. Qualche mese dopo, fu Francesco Marongiu, pregiudicato di Sennori, a rivelare a due magistrati che tutte quelle persone avevano ragione a dichiararsi estranei al narcotraffico. Che la droga l’aveva nascosta lui per incastrarli senza altra ragione che quella di fare un favore al suo amico carabiniere. Marongiu, che sta scontando sette anni di reclusione per i reati di cui si è autoaccusato, è diventato il più implacabile accusatore dell’uomo che a suo dire lo manovrò con cinica determinazione.

Il verdetto è stato emesso ieri poco dopo le 13 dal collegio presieduto dal giudice Plinia Azzena e composto anche da Marina Capitta e Giuseppe Grotteria. I giudici hanno condiviso integralmente la ricostruzione fatta dal pubblico ministero Gianni Caria, ma sono stati più severi rispetto alle richieste del pm. Diciotto anni e nove mesi invece dei sedici anni chiesti dal pm. L’appuntato, difeso dall’avvocato Maurizio Serra, era accusato di detenzione di eroina, calunnia, peculato e abuso d’ufficio. Sentenza di condanna anche per Leonardo Riu, maresciallo dei carabinieri, ex superiore di Francesco Silanos e secondo l’accusa così fiducioso nell’operato del suo sottoposto da controfirmare verbali che sapeva falsi. Il sottufficiale di Villanova Monteleone, difeso dall’avvocato Pietro Piras, è stato condannato a due anni di reclusione.

I giudici hanno assegnato a tutte le parti civili provvisionali per complessivi quattrocentomila euro. Denaro che dovrebbe ripagarli per le settimane e i mesi trascorsi dietro le sbarre con l’accusa ingiusta di essere spacciatori di droga. Un debito con la giustizia che dovrà essere saldato in solido dall’imputato Silanos e dal ministero, chiamato al processo come responsabile civile ai soli fini risarcitori. «Perché questo – aveva detto il pm Caria nella sua requisitoria – non è un processo a carico dell’Arma, ma a carico di chi ha violato e disonorato quella divisa».

Nessun commento sul verdetto da parte delle persone offese Gian Mario Petretto, Vincenza Atzori, Salvatore Ogni, Massimo Perandria, Nini Abderrahim, Kamal Bouchamana e Younes El Karchi. Gli ultimi tre lavorano nel negozio “Stella del sud” di Predda Niedda che il 19 giugno del 2008 fu l’ultimo luogo dove Francesco Silanos indirizzò i suoi colleghi dopo che era stato “visitato” dal suo complice.

«Prego Dio di punire chi mi ha fatto del male», disse Nini a Francesco Marongiu (nel frattempo anche lui finito in carcere per traffico di droga) nel cortile della casa circondariale di San Sebastiano. Marongiu ha poi detto ai giudici che fu questo anatema a spingerlo a confessare. E ad accusare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative