La Nuova Sardegna

Sassari

Il pm: «Erittu progettava il suo futuro»

di Nadia Cossu
Il pm: «Erittu progettava il suo futuro»

È proseguita ieri la requisitoria di Giovanni Porcheddu: ma quale suicidio, l’hanno ammazzato perché sapeva troppo

24 maggio 2014
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SASSARI. Marco Erittu voleva uscire dal carcere e riprendere in mano la sua vita. Stava già cercando una casa dove andare a vivere una volta fuori da San Sebastiano, aveva progetti per il futuro. «Non si sarebbe mai ucciso – avevano detto le sorelle, sentite dagli inquirenti dopo la morte del detenuto – Voleva curarsi i denti, occuparsi della famiglia. L’autolesionismo? Erano solo atti dimostrativi che gli consentivano di restare in isolamento». Lontano, quindi, dalle paure che negli ultimi tempi lo assillavano.

La seconda parte della requisitoria. Ha toccato questi e altri aspetti il pubblico ministero Giovanni Porcheddu durante la seconda parte della requisitoria nel processo per la morte del detenuto Marco Erittu (trovato senza vita nella sua cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2007). Lunedì scorso il pm ha parlato per otto ore, ieri per altre quattro. E non ha ancora concluso, le richieste sono rinviate a lunedì prossimo. La tesi della Procura. La pubblica accusa è convinta che il detenuto non si sia ammazzato. Il caso, archiviato in un primo momento come un suicidio, era stato riaperto in seguito alle dichiarazioni del pentito Giuseppe Bigella. Quest’ultimo si era autoaccusato dell’omicidio e aveva chiamato in causa Pino Vandi come mandante e Nicolino Pinna come suo “assistente” nell’esecuzione materiale del delitto. Mentre Mario Sanna, l’agente di polizia penitenziaria addetto quel giorno alla sorveglianza, avrebbe aperto la porta della cella al commando. Altri due agenti sono imputati per favoreggiamento: Gianfranco Faedda e Giuseppe Soggiu. E, sempre stando alla versione del reoconfesso, Erittu sarebbe stato ammazzato perché voleva raccontare ai magistrati i particolari sul (presunto) coinvolgimento di Vandi nella scomparsa del farmacista di Orune Paoletto Ruiu e del muratore di Ossi Giuseppe Sechi.

Le ansie della vittima. Proprio per questo «Erittu si sentiva in pericolo – ha spiegato ieri il pubblico ministero – Annotava nei suoi quaderni tutto quello che succedeva in carcere. Ripeteva sempre: “Mi vogliono ammazzare, mi fanno i dispetti”». Il riferimento in particolare è al giorno in cui le guardie trovarono un grammo di cocaina nella sua scarpa, in cella: «Disse: “Me l’hanno messa loro la droga”». In seguito a questo ritrovamento Erittu fu denunciato e sottoposto a un provvedimento disciplinare che gli impedì di ottenere i domiciliari. Rimase molto scosso per questo. In carcere aveva la nomea del confidente delle forze dell’ordine, tanto che i detenuti lo chiamavano “il finanziere”. «Ma lui non si voleva arrendere ai soprusi – ha spiegato il pm – Giurava che chi gli aveva messo la droga nella scarpa l’avrebbe pagata cara».

La lettera scomparsa. È un nodo cruciale dell’inchiesta. Era risaputo che la vittima volesse un incontro con l’allora procuratore capo della Repubblica Giuseppe Porqueddu. «La richiesta di colloquio – prosegue il pm – era stata inoltrata con modello 13 (una particolare procedura che configura il carattere d’urgenza e che passa attraverso l’ufficio matricola del carcere ndr) e aveva un busta chiusa come allegato. Ma quella lettera non solo venne spedita con un giorno di ritardo contrariamente a quanto prevede la prassi ma non arrivò mai a destinazione». Ed entra nuovamente in scena Bigella che racconta agli inquirenti: «Vandi un giorno era molto agitato, mi disse che Erittu era andato all’ufficio matricola per consegnare il modello 13, glielo aveva riferito “l’agente corrotto” grazie al quale erano riusciti a prenderla loro la richiesta». Quella lettera, secondo l’accusa, testimoniava il fatto che la vittima volesse riferire davvero a Porqueddu particolari scottanti sulla scomparsa di Ruiu e Sechi. E ci sarebbe un apposito registro dal quale emerge nero su bianco che dei 16 atti partiti quel giorno dal carcere e destinati alla Procura, tre erano con modello 13 ma solo due di questi furono recapitati (appartenevano ad altri detenuti), quello di Erittu invece non arrivò mai a destinazione.

I sequestri Ruiu-Sechi. «Due fatti legati indissolubilmente – dice il pubblico ministero Giovanni Porcheddu – Il giorno dopo la scomparsa di Sechi (22 marzo 1994) venne mandato un orecchio ai familiari di Ruiu (sequestrato il 22 ottobre del 1993)». Era la prova in vita del loro caro che serviva per ottenere il riscatto. Ancora una volta Bigella racconta: «Erittu mi disse di aver visto persone che seppellivano Sechi». Anche un altro detenuto, Massimiliano Pilo, sentito in aula durante il processo, confermò di aver saputo da Erittu il luogo in cui era seppellito il muratore di Ossi: un terreno nella località Tana di Lu Mazzoni, a Sassari.

Da qui ripartirà la requisitoria del pm che si concluderà lunedì mattina.

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