La Nuova Sardegna

Sassari

i portalettere morti negli anni ’90

Uccisi dall’amianto, l’appello: la Procura riapra il caso

Uccisi dall’amianto, l’appello: la Procura riapra il caso

SASSARI. Tiene a precisarlo che la sua battaglia è solo all’inizio: «Quelle morti hanno un responsabile, la magistratura dovrebbe riaprire l’inchiesta». Il messaggio dell’ex portalettere di Sassari...

19 gennaio 2014
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SASSARI. Tiene a precisarlo che la sua battaglia è solo all’inizio: «Quelle morti hanno un responsabile, la magistratura dovrebbe riaprire l’inchiesta». Il messaggio dell’ex portalettere di Sassari Gianni Cabizza – sicuro di farsi portavoce anche dei familiari dei suoi colleghi morti di tumore negli anni Novanta – è chiaro: «Nel 1997 abbiamo respirato l’amianto negli uffici delle Poste di via XXV aprile. All’epoca la Asl, così come ci disse il nostro direttore, autorizzò la bonifica dei locali permettendo che noi continuassimo a lavorare mentre gli uomini con la tuta bianca e le maschere estraevano il veleno». Nove postini morirono di tumore in quegli anni e la magistratura all’epoca – per iniziativa del sostituto procuratore Gianni Caria – aprì un fascicolo per accertare eventuali responsabilità. Ma il giudice, nel 2006, ha archiviato l’inchiesta nei confronti di 17 indagati per omicidio colposo e lesioni colpose plurime, tutti funzionari che si sono avvicendati ai vertici delle Poste sarde tra il 1994 e il 1998. Le indagini non riuscirono infatti a provare che l’amianto fosse la causa dei tumori, «nonostante i presupposti ci fossero tutti – insiste Cabizza – Gli operai delle ditte specializzate nella bonifica ci passavano a fianco e ci dicevano di andare via ma noi non potevamo abbandonare il posto di lavoro. Estrassero tonnellate di amianto». I familiari delle vittime sono certi che aver respirato quelle polveri abbia avuto conseguenze devastanti per i loro cari. L’ex portalettere, oggi che “la questione” è tornata d’attualità, visto che il Comune ha annunciato che spenderà 500mila euro per la bonifica dall’amianto di scuole e altri edifici, si chiede perché i suoi colleghi morti di cancro non abbiano avuto giustizia e perché a lui e agli altri dipendenti delle Poste non sia stata riconosciuta la tabella di rischio. «La Procura riapra l’inchiesta, faccia luce sulle responsabilità – è l’appello del 61enne guarito da un tumore al pancreas – Non ci restituirà amici o parenti ma ci permetterà di vivere più serenamente». (na.co.)

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