La Nuova Sardegna

Sassari

Porto Torres, prime bonifiche sulla collina dei veleni

di Gianni Bazzoni
Porto Torres, prime bonifiche sulla collina dei veleni

Syndial conferma: questo mese comincia l’indagine sui rifiuti tossici a Minciaredda. I piani per la pulizia delle falde

16 novembre 2012
5 MINUTI DI LETTURA





PORTO TORRES. Per arrivare a Minciaredda, la famosa collina di veleni creata dalla Sir di Rovelli e utilizzata come discarica fino al 1982, bisogna attraversare tutto lo stabilimento. Il viaggio nel petrolchimico che doveva scomparire avviene a metà mattina, passando tra operai che lavorano, camion carichi, gru che tirano su tubi e parti metalliche. E più avanti, grosse buche, picchetti di segnalazione, pozzi di emungimento e barriere che servono per rilevare l’inquinamento che scorre sotto terra. Così il cuore della vecchia fabbrica ferita batte ancora, incrocia i cantieri della chimica verde di Matrìca (fase 1 per la bioraffineria) e gli interventi preparatori per le bonifiche. E’ un momento cruciale, per il grande ammalato che sembrava condannato a morte e che, invece, potrebbe rinascere con abiti nuovi, senza i tragici errori del passato, quando una legislazione ambientale inesistente consentiva di scaricare sostanze inquinanti dove capitava. I primi sei mesi del 2013 saranno decisivi.

La prima volta a Minciaredda – dopo il clamore del blitz indipendentista di parecchi anni fa – fa un effetto strano. Ci arriviamo dalla parte alta, al confine con il polo energetico di Fiume Santo di proprietà di E.On. Il bubbone, in realtà, è solo un fazzoletto rispetto ai 1200 ettari del petrolchimico. Il modello concettuale colorato di giallo, rosso e verde evidenzia quello che è successo dal 1968 fino al 1995. La follia di chi si sentiva onnipotente ha riempito un polmone verde di rifiuti tossici: la parte più compromessa è nell’angolo lontano dal mare: un milione di metri cubi di terreno da ripulire. Attorno, i pozzi di controllo e tubazioni che seguono il perimetro: «Servono come misura cautelativa – racconta l’ingegner Gianluca D’Aquila, program manager di Syndial per la Sardegna – e per accertare che l’inquinamento non possa migrare in altre direzioni». La messa in sicurezza permanente dell’area di Minciaredda è la sfida più complicata, sulla quale Syndial (la società del gruppo Eni che ha come mission il risanamento in tutta Italia delle aree inquinate dall’industria chimica) si gioca la credibilità. Il progetto per salvare Minciaredda è stato presentato nel 2010, ma non è stato condiviso dal ministero dell’Ambiente e dagli enti locali, attualmente è in fase di rielaborazione: un percorso tecnico condiviso che prevede l’esecuzione sul campo di indagini integrative.

«Si comincia già da questo mese – dice l’ingegner Modestino Colarusso, direttore delle Attività di risanamento ambientale di Syndial, che ha sulle spalle una eredità pesante: tutti vorrebbero ripulire in pochi mesi le schifezze di decenni di industria selvaggia – e l’obiettivo è quello di attuare un intervento combinato che possa dare soluzione al vero problema di Minciaredda».

Evitare il muro contro muro, dunque, la parola di chi deve bonificare contro quella di chi accusa del disastro. E dire finalmente tutta la verità. Cosa c’è lì sotto, dove il verde è una garanzia ingannevole di ritrovata vitalità? Peci fenoliche e fibre, tipologie di rifiuti che si legano male con l’acqua. Alla fine ci vorranno più di 100 milioni di euro per rimettere un po’ d’ordine nel sottosuolo dove nuotano i veleni. Per tutti gli altri progetti se ne spenderanno sette volte tanto. «Svuotare e portare via – dice D’Aquila, un giovane che sembra lontano anni luce da quei periodi bui dell’inquinamento senza confini – ma anche detossificare fino a rendere inerti certe sostanze. Mettere in campo le migliori tecnologie di bonifica».

Girando tra le strade del petrolchimico, si scopre che in fondo quello di Minciaredda è il problema più conosciuto e complesso, ma non il più grave. La botta grossa si chiama “Taf”, il progetto di bonifica falda e Impianto di trattamento delle acque sotterranee. Doveva sorgere su un’area già liberata, trattare 500 metri cubi l’ora di acque da ripulire, veleni succhiati dal sottosuolo di aree accerchiate da una rete di tubi, barriere idrauliche e pozzi (60 quelli attivi, ma alla fine se ne costruiranno altri 700). Ma il Consorzio Asi – che gestisce il depuratore – ha offerto un suggerimento. Il Taf sorgerà in quell’impianto, la variante è stata presentata il 16 ottobre e non ci saranno variazioni sui tempi stabiliti, non servirà un altro scarico a mare. Il vecchio Taf, in funzione dal 2008, tratta 5 milioni di metri cubi d’acqua l’anno. A guardarsi intorno, viene da pensare che se certi accorgimenti fossero stati adottati trent’anni fa, oggi l’area industriale non starebbe così male. La storia, però, è questa. Modestino Colarusso racconta la missione di Syndial. E dice di Porto Torres: «Vogliamo muoverci con trasparenza, rispettando le legittime aspettative del territorio. E’ evidente che in passato non sempre c’è stata una sensibilità adeguata. La bonifica nel petrolchimico è tra le più importanti in Italia, è un modello che intendiamo esportare».

Il percorso a ostacoli passa per le Palte fosfatiche (progetto presentato a giugno 2011 e ritenuto approvabile il 14 ottobre 2011); l’area delle Peci Dmt (progetto del giugno 2011, rimodulato il 9 maggio 2012); il piano di caratterizzazione del Parco zolfo (aprile 2011, in incontro tecnico del 23 ottobre 2012 confermato avvio entro novembre). Poi la bonifica dei suoli nell’area Newco-nord (Matrìca fase 2, decreto d’urgenza del 20 gennaio 2012, intervento ultimato, in corso pratiche per certificazione). Ancora in istruttoria, il progetto operativo per la bonifica di terreni con moduli caratteristici, presentato a luglio 2011. È la proposta innovativa, con prove applicative sul campo che servono per migliorare le tecnologie da usare.

Ingegneri, tecnici e operai al lavoro per risanare e creare luoghi dove si possa nuovamente creare produzione e occupazione. Senza rischiare di finire avvelenati.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative