La Nuova Sardegna

Sassari

Crisi per 1700 aziende, resta solo la Cig

di Alfredo Franchini
Crisi per 1700 aziende, resta solo la Cig

Ammortizzatori sociali per ventimila persone. Nei primi cinque mesi dell’anno si sono aggiunte altre settemila domande

23 giugno 2012
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CAGLIARI. «La politica del lavoro in Sardegna è puramente virtuale». Lo sostiene Giovanni Matta, segretario regionale della Cisl. Ma se è vero che le politiche attive non ci sono è altrettanto chiaro che la strada degli ammortizzatori sociali è segnata e dev’essere percorsa tutta sino alla fine. Il Consiglio regionale ha dato il via libera allo stanziamento di 32,5 milioni di euro che ora può mettere in moto anche il finanziamento nazionale pari ad altri 57 milioni. Nell’isola non ci può essere spazio per un dibattito sugli ammortizzatori sociali visto che cassa integrazione e mobilità coinvolgono attualmente 14 mila lavoratori e che sono oltre 110 mila le persone assistite con altri sostegni. Numeri troppo grandi a cui si devono aggiungere i circa 4.000 esodati tra operai e tecnici. Troppe le aziende che hanno chiuso e sono 1.700 quelle che hanno dichiarato lo stato di crisi.

Nell’ultimo anno la brutta novità è che la cassa integrazione è stata estesa anche a settori che tradizionalmente non erano stati interessati come il commercio, l’artigianato, l’agricoltura. «Il Consiglio regionale ha fatto il proprio dovere», afferma Matta, «ma purtroppo la situazione non accenna a schiodarsi. Alla fine dell’anno le richieste di attivare nuovi ammortizzatori sociali porteranno il numero degli interessato a ventimila. Nei primi cinque nesi dell’anno sono già state fatte 7.000 richieste di mobilità in deroga e altri tredicimila lavoratori di aziende in crisi. La crisi è dirompente e ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità». E su questo è evidente che non si può continuare ad essere deficitari sulle politiche attive. Anche perché si tratta molto spesso di lavoratori che sono lontani dalla meta della pensione. E purtroppo non si può ipotizzare, come aveva fatto il ministro Fornero, a un ritorno al lavoro di parte degli esodati: molte delle aziende di provenienza sono scomparse. «Nonostante la Regione abbia stanziato ed erogato risorse di propria competenza», sostiene Marinora De Biase, segretaria della Cgil, «mancano le risorse che sono a carico del governo nazionale». Sono più di cento milioni di euro e la battaglia col governo si profila complessa e soprattutto lunga. «Una situazione da sbloccare perché potrebbe pregiudicare il ricevimento del sussidio da parte dei lavoratori, copromettendo la già precaria condizione di tante famiglie», afferma Elisabetta Sorgia, segretaria della Uil. Il sindacato regionale ritiene necessario avviare un confronto che, secondo i segretari di Cgil-Cisl e Uil, deve vedere al tavolo lo stesso presidente Cappellacci. La questione del lavoro, grave in tutta Italia e nel Mezzogiorno in particolare, richiede in Sardegna azioni urgenti di politiche di massa. E quindi, come sollecitano le organizzazioni produttive, un nuovo modello di sviluppo.

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