La Nuova Sardegna

Sassari

Donna uccisa ad Alghero, al processo la drammatica testimonianza dei genitori

Donna uccisa ad Alghero, al processo la drammatica testimonianza dei genitori

Udienza in corte d’Assise al processo per l’omicidio dell’insegnante Orsola Serra. Sentiti anche i militari che hanno trovato il corpo

04 giugno 2012
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SASSARI. Sono stati quattro i testimoni sentiti questa mattina, in corte d’Assise a Sassari, al processo per l’omicidio del’insegnante algherese Orsola Serra, trovata morta nella sua casa il 23 ottobre 2011, per cui è accusato Alessandro Calvia. Il maresciallo Flavio Muzzu della Compagnia di Alghero, primo a giungere sul posto la mattina del 24 ottobre 2011, ha confermato la presenza della cordicella intorno al collo della vittima: «una corda piegata in due e posizionata sulla parte anteriore del collo, dove il solco era più evidente, che si chiudeva poi dietro al collo ma con le estremità libere, non come a formare un cappio». Il maresciallo entrò in casa con Ettore Serra, padre della vittima, che garantì agli investigatori di non avere toccato o spostato niente, versione confermata anche oggi da lui e dalla moglie Aurea Martinez. Entrambi hanno ribadito di essersi limitati a prendere gli indumenti necessari per vestire la figlia. La testimonianza del maggiore Giuseppe Urpi, Comandante del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Sassari, ha posto, ancora una volta, telefonate e tabulati telefonici al centro dell’udienza. Intervenuto solo ai primi di novembre, una volta che gli accertamenti medico legali hanno aperto la strada all’ipotesi dell’omicidio e il Ris ha confermato la presenza del Dna di Calvia sulla corda, con i suoi uomini ha ricostruito i movimenti di Orsola Serra soprattutto nel suo ultimo giorno di vita. Urpi ha fatto riferimento alle due telefonate menzionate durante la scorsa udienza dai difensori di Calvia, Danilo Mattana e Nicola Satta: una chiamata di Calvia alla fidanzata, alle 19.22 del 23 ottobre, e una della vittima, un minuto dopo, ad un’amica. Mentre per i difensori questo significherebbe che Orsola Serra era viva e non si trovava con l’imputato, secondo il maggiore dei carabinieri invece «il fatto che i due cellulari si siano agganciati a celle telefoniche diverse non necessariamente garantisce che si trovassero in luoghi diversi. Tanto più - ha detto - che la casa della vittima si colloca in mezzo alle due celle telefoniche, vicine tra loro». Ancora tutto in discussione, dunque, per quanto riguarda queste telefonate e da chiarire il giallo, per ora senza esito, legato ad altre due chiamate senza risposta, effettuate al cellulare della Serra il giorno della sua morte, alle 20.40, e partite da cabine telefoniche a gettone, quindi non tracciabili. Nella prossima udienza, fissata per venerdì 8, verranno ascoltati altri testi tra cui il medico legale.

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