Donna uccisa ad Alghero, al processo la drammatica testimonianza dei genitori
Udienza in corte d’Assise al processo per l’omicidio dell’insegnante Orsola Serra. Sentiti anche i militari che hanno trovato il corpo
SASSARI. Sono stati quattro i testimoni sentiti questa mattina, in corte d’Assise a Sassari, al processo per l’omicidio del’insegnante algherese Orsola Serra, trovata morta nella sua casa il 23 ottobre 2011, per cui è accusato Alessandro Calvia. Il maresciallo Flavio Muzzu della Compagnia di Alghero, primo a giungere sul posto la mattina del 24 ottobre 2011, ha confermato la presenza della cordicella intorno al collo della vittima: «una corda piegata in due e posizionata sulla parte anteriore del collo, dove il solco era più evidente, che si chiudeva poi dietro al collo ma con le estremità libere, non come a formare un cappio». Il maresciallo entrò in casa con Ettore Serra, padre della vittima, che garantì agli investigatori di non avere toccato o spostato niente, versione confermata anche oggi da lui e dalla moglie Aurea Martinez. Entrambi hanno ribadito di essersi limitati a prendere gli indumenti necessari per vestire la figlia. La testimonianza del maggiore Giuseppe Urpi, Comandante del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Sassari, ha posto, ancora una volta, telefonate e tabulati telefonici al centro dell’udienza. Intervenuto solo ai primi di novembre, una volta che gli accertamenti medico legali hanno aperto la strada all’ipotesi dell’omicidio e il Ris ha confermato la presenza del Dna di Calvia sulla corda, con i suoi uomini ha ricostruito i movimenti di Orsola Serra soprattutto nel suo ultimo giorno di vita. Urpi ha fatto riferimento alle due telefonate menzionate durante la scorsa udienza dai difensori di Calvia, Danilo Mattana e Nicola Satta: una chiamata di Calvia alla fidanzata, alle 19.22 del 23 ottobre, e una della vittima, un minuto dopo, ad un’amica. Mentre per i difensori questo significherebbe che Orsola Serra era viva e non si trovava con l’imputato, secondo il maggiore dei carabinieri invece «il fatto che i due cellulari si siano agganciati a celle telefoniche diverse non necessariamente garantisce che si trovassero in luoghi diversi. Tanto più - ha detto - che la casa della vittima si colloca in mezzo alle due celle telefoniche, vicine tra loro». Ancora tutto in discussione, dunque, per quanto riguarda queste telefonate e da chiarire il giallo, per ora senza esito, legato ad altre due chiamate senza risposta, effettuate al cellulare della Serra il giorno della sua morte, alle 20.40, e partite da cabine telefoniche a gettone, quindi non tracciabili. Nella prossima udienza, fissata per venerdì 8, verranno ascoltati altri testi tra cui il medico legale.