La Nuova Sardegna

Sanità, sindacati compatti «È una riforma ingiusta» 

di Antonello Palmas
Sanità, sindacati compatti «È una riforma ingiusta» 

Paderi (Cisl): «Occorre un pit-stop». Murru (Uil): «Lasciano territori senza servizi» Cois (Cgil): «Giunta e Ats, non si dialoga. Occorrono personale e organizzazione»

15 giugno 2017
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SASSARI. La riforma sanitaria va fatta, ma partendo dalle esigenze del territorio per arrivare poi alla riorganizzazione generale. E non il contrario. Un concetto su cui le tre sigle confederali si trovano totalmente d’accordo, un punto fermo dal quale è partita l’esigenza di indire lo stato di agitazione che sfocerà nello sciopero generale del 6 luglio.

«Da subito abbiamo affermato che in Sardegna serve un piano sanitario complessivo – dice Fulvia Murru, segretaria regionale di Uil Fpl, all’indomani del licenziamento delle linee guida per la riduzione dei costi da parte della commissione sanità – . Abbiamo sempre criticato il fatto che si cominciasse a ragionare partendo dalla rete ospedaliera, invece che dalle reti territoriali e dai presidi d’urgenza. Riteniamo che non si possa tagliare e accorpare lasciando territori senza servizi, creando una sanità di seconda serie in alcune comunità. Siamo preoccupati per realtà come Ozieri, Isili, Muravera, La Maddalena, tutti casi emblematici. Non si stanno dando garanzie alle comunità isolate dai grandi centri. L’Azienda unica ha solo peggiorato la situazione, abbiamo reparti in cui mancano farmaci e presidi, non partono appalti, non si assume personale: non si capisce che idea di sanità abbiano in mente». E ancora: «Adesso la rete ospedaliera approda in Consiglio regionale, l’augurio è che non rimanga così, ma che esca modificata. Non tutto va gettato a mare, ma il Consiglio ha delle colpe: sta rallentando il percorso della riforma, deve avere il coraggio di intervenire con degli emendamenti su ciò che non funziona, votando a favore di ciò che va bene ».

«Noi siamo per la riforma – premette Nino Cois, segretario regionale di Fp Cgil –, perché da anni questo sistema sanitario non risponde alle esigenze dei cittadini. Ma la Regione, l’Ats e altre aziende stanno andando avanti senza interloquire con le organizzazioni sindacali, senza passaggi preliminari. La riorganizzazione della rete ospedaliera va fatta, ma associandola alla rete territoriale, per capire quali servizi vanno lasciati nei territori in modo da rispondere alle esigenze delle comunità. Le liste d’attesa sono sempre più lunghe, si rischia di non garantire i livelli essenziali di assistenza». Moirano afferma che gli organici non sono insufficienti ma solo mal distribuiti: «Abbiamo chiesto a più riprese i dati relativi al personale (ma anche come siano stati conteggiati i fondi per i lavoratori) senza avere risposta. Chi fa i doppi turni in molti casi non riposa le 11 ore previste e viene richiamato perché non c’è personale. Manca l’organizzazione, è vero, ma manca anche l’organico. Noi vogliamo entrare nel merito, non siamo contrari a prescindere. Siamo abituati a parlare dati alla mano».

«Frasi come quella di Moirano vanno bene per i convegni – commenta Davide Paderi, segretario regionale di Fp Cisl –, ma dovrebbe lasciar perdere le passerelle e sedersi a un tavolo con chi rappresenta territori e lavoratori, non sfuggire al confronto con i soggetti preposti». E sullo sciopero: «Questa volta accade che c’è grande sintonia tra mobilitazione dei lavoratori e territori. Stiamo contestando una riforma che Pigliaru e Arru hanno fatto nascere capovolta e che il braccio operativo Moirano sta attuando». Per Paderi sono impensabili «i tagli di servizi costituzionalmente garantiti, di cure primarie, della specialistica, della prevenzione». Ed evidenzia che «spostare, ad esempio, di 50-60 km un servizio ecospecialistico come quelli di cui molti anziani e disabili hanno bisogno con grande frequenza, equivale a spingere l’utenza a rinunciarvi. Un errore politico, come chiudere una pediatria, o mettere un comparto di circa 30 mila lavoratori in un frullatore che elimina certezze e tutele. Operazioni che non tagliano gli sprechi, ma conquiste sociali importanti». Paderi ricorda: «Quando ci siamo confrontati con la giunta e con Arru e abbiamo chiesto cosa ne sarà della sanità nei 15 anni futuri in attesa che si realizzino le case della salute e altre belle idee, non hanno saputo cosa risponderci. E allora la mobilitazione non si carica di significati parasindacali, ma è davvero un moto di ribellione. In gergo automobilistico potremmo dire che alla riforma occorre un pit-stop: fermarsi, individuare il problema, intervenire».

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