La Nuova Sardegna

Martino: «Portoscuso è un’emergenza»

Martino: «Portoscuso è un’emergenza»

Il responsabile dei beni paesaggistici spiega il suo “no” all’allargamento del bacino fanghi rossi

15 marzo 2017
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CAGLIARI. Passa per essere il dirigente pubblico che ha provato a fermare il progetto di rilancio dell’Eurallumina. Fatti alla mano, il direttore dei beni paesaggistici e architettonici della Sardegna Fausto Martino si è limitato ad applicare la legge, mettendo un parere negativo tra l’ampliamento del bacino dei fanghi rossi e il consenso della politica. D’altronde la sua soprintendenza si occupa di paesaggio e la compatibilità ambientale di un enorme deposito di veleni e la vita di Portoscuso andrebbe valutata con attenzione. Martino ne ha parlato ieri alla giornata nazionale del paesaggio, che si è svolta a Villa Pollini. Parole chiare, le sue: «Anche gli abitanti di Portoscuso hanno diritto a un paesaggio» ha detto Martino.

«La Sardegna – ha detto Martino – è terra di contraddizione, ci sono paesaggi devastati e altri incontaminati. Come gestire questa situazione? Evitando di aggiungere devastazioni. Non condivido che per le zone degradate non si possa fare niente, si può ad esempio iniziare a bonificare. Capisco i noti problemi occupazionali - ha aggiunto il dirigente dei Beni culturali – ma in Sardegna l'emergenza è proprio Portoscuso. Non so come andrà a finire, ma noi abbiamo dato parere negativo».

Non solo Sulcis. La guerra è a tutto campo contro il consumo del suolo, dalle coste all'interno è in pieno corso: «I campi devono essere destinati alle peculiarità e all'identità del territorio – ha precisato Martino – gli impianti per l'eolico, ad esempio, è più sensato realizzarli in zone industriali, non nelle aree tradizionalmente destinate all'agricoltura». La Soprintendenza combatte, ma ha poche armi, poco personale e si dibatte in problemi che coinvolgono anche l’organizzazione degli uffici, legata alla disponibilità di mezzi essenziali: «Non possiamo essere soddisfatti – ha sottolineato Martino – perché i vincoli ci sono, ma sono facilmente superabili dal silenzio assenso dopo 45 giorni. Noi non abbiamo i mezzi per rispondere in tempo a tutte le istanze». Lo dicono i numeri: si calcola che ogni anno passino per la Soprintendenza circa seimila richieste di autorizzazione, troppe anche per uffici disposti a lottare.

Paesaggio da consegnare alle generazioni future quindi ed un consiglio, rifarsi alla saggezza degli antenati: «Noi diamo un giudizio qualitativamente buono a ciò che è stato costruito prima degli anni Cinquanta – afferma il soprintendente – chiediamoci perché. E chiediamoci anche che cosa ha prodotto la politica dei palazzoni nelle periferie». La risposta non è difficile, per chi vuole vedere le cose. Basta guardarsi intorno.

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