La Nuova Sardegna

Poste, 750 addetti a rischio in Sardegna

Poste, 750 addetti a rischio in Sardegna

La denuncia dei sindacati contro la privatizzazione: cancellano gli uffici

14 marzo 2017
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SASSARI. Se Poste Italiane dovesse passare in mano ai privati, gli addetti dell’isola potrebbero ottenere una lunga serie di brutte notizie, 750 per l’esattezza. Perché, secondo i sindacati sarebbero altrettanti i posti di lavoro a rischio qualora il controllo del servizio postale dovesse sfuggire allo Stato.

«Soltanto con la riduzione del servizio postale da cinque a tre giorni alla settimana, i posti di lavoro a rischio in Sardegna sarebbero circa il 30 per cento del totale. Per quanto riguarda gli uffici postali, una razionalizzazione spinta che si preoccuperebbe solo alla redditività, potrebbe determinare il definitivo abbandono dei piccoli centri periferici». Maurizio Campus, sindacalista impegnato nel coordinamento di Slp Cisl, spiega cosa potrebbe accadere nell’isola se la privatizzazione di Poste Italiane dovesse andare in porto.

Ieri a Cagliari, come in altre città in tutta Italia, sono riprese le manifestazioni di protesta contro l’ipotesi della privatizzazione. Nel Capoluogo è stato organizzato un sit-in dei sindacati (Cisl con Ugl, Confsal, Failp Cisal) per chiedere al Governo di «evitare questa scelta scellerata» e per «sensibilizzare la cittadinanza sulla gravità della situazione».

Il malcontento si infiamma, dunque, mentre proprio in questi giorni il Parlamento è chiamato a esaminare il decreto che porterebbe alla privatizzazione. Sindacati e dipendenti erano già scesi in piazza nel novembre del 2016 e a distanza di tre mesi hanno ripreso le manifestazioni di protesta: «Il decreto deve essere assolutamente ritirato – aggiunge il segretario di Ugl Comunicazione, Marco Murgia – in caso contrario, con la chiusura degli uffici, lo spopolamento dell’interno della Sardegna raggiungerebbe livelli ancora più preoccupanti».

I motivi della privatizzazione sono dettati dalle circostanze: l’Italia deve tagliare il suo debito pubblico per non incappare nella rete delle procedure europee e molti esponenti del governo hanno indicato la via maestra nell’accelerazione del percorso di privatizzazioni. Nel menu delle vendite di Stato sono entrate le ferrovie e la seconda tranche di Poste Italiane, un 30 per cento da mettere sul mercato entro la prossima estate.

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