La Nuova Sardegna

Dal lavoro all’istruzione l’Europa bacchetta la Sardegna

Dal lavoro all’istruzione l’Europa bacchetta la Sardegna

Competitività: l'isola è 228esima su 263 regioni. In tre anni perse 6 posizioni. Profondo rosso per innovazione e infrastrutture, buoni risultati solo per la salute

01 marzo 2017
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SASSARI. Molto più vicina alla Guyana francese che a Londra. L’indice di competitività delle regioni della Ue condanna la Sardegna in fondo alla classifica. Solo 228esima su 263. Peggio fanno solo Puglia, Calabria e Sicilia. La carenza di infrastrutture, i trasporti a singhiozzo, la forte dispersione scolastica, il tasso di disoccupazione alle stelle hanno fatto precipitare la Sardegna tra le cenerentole d’Europa. A onore del vero, già tre anni fa, quando fu effettuata l’indagine precedente, l’isola non navigava in acque tranquille, ma rispetto al 2013 ha perso 6 posizioni. Dalla 222esima è passata alla 228esima, a pari merito con la Campania. Un passo indietro dovuto a cattive performance in tutti quei settori che permettono di misurare la competitività di un territorio. Dalla innovazione alle governance, dai trasporti all’istruzione, la Sardegna non sembra capace di offrire un ambiente attraente e sostenibile sia alle aziende che agli stessi cittadini.

Bene solo la salute. Per l’isola è una bocciatura senza appello. Per Pil pro capite è solo 188esima. L’unico risultato lontano dalla insufficienza la terra dei centenari lo ottiene nella salute e benessere, dove si classifica al 129esimo posto su 263. Unica sufficienza di una pagella da dimenticare.

Male l’istruzione. È invece nel campo dell’istruzione e della formazione che la Sardegna ha la peggiore performance. Solo 253esima su 263. Il che significa che a fare peggio in Europa ci sono solo altre 10 regioni. Ma è in tutti i campi che l’isola non riesce ad abbandonare le zone basse della classifica. Le sue istituzioni non vanno oltre il 243esimo posto, le infrastrutture sarde sono al 225esimo, il mercato del lavoro è in 235esima posizione e l’innovazione 236esima.

L’Italia arretra. Ma non è solo il Mezzogiorno ad arrancare in tema di competitività. È l’intero Paese a fare passi indietro. La Lombardia prima della classe, 37esima per Pil pro capite, scivola al 143esimo posto, perdendo 15 posizioni in tre anni. Seguono la provincia di Trento al 153esimo posto, il Lazio al 156, l’Emilia Romagna al 157 e la provincia di Bolzano al 160. Che, insieme alla Valle d’Aosta e alla Basilicata, è l’unica ad avere guadagnato posizioni in tre anni. Il Mezzogiorno si trova tutto nella parte bassa della graduatoria: il posto migliore, il 226esimo, lo occupa la Basilicata. E infatti l’Italia è l’unico paese del G7 in cui non esistono territori con un tasso di competitività positivo. Uno scenario che condivide con i paesi dell’Est Europa, le repubbliche baltiche, il Portogallo e la Grecia.

Sorride la City. Il primato della competitività europea spetta alla capitale della Brexit. Londra, per la prima volta, ha scalzato la regione olandese di Utrecht, al terzo posto, preceduta anche dai territori britannici del Berkshire, Buckinghamshire e Oxfordshire. Fanalino di coda tra le regioni è la Guyana francese, seguita dal sud est della Romania e dalla Macedonia orientale, in Grecia. (al.pi.)

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