La Nuova Sardegna

Le pagelle dell'Agenas agli ospedali sardi: l’isola risale ma è ancora indietro

di Umberto Aime
Le pagelle dell'Agenas agli ospedali sardi: l’isola risale ma è ancora indietro

Passi avanti nei tempi degli interventi chirurgici: bene Oristano. Parti cesarei: Sassari si conferma maglia nera, male anche la Gallura

28 gennaio 2017
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CAGLIARI. Se non fosse per i tagli cesarei, sono ancora troppi e molto più del necessario soprattutto a Sassari, la sanità di casa nostra potrebbe vantare persino passi da gigante nella scalata delle classifiche nazionali su qualità, affidabilità e sicurezza. Negli ultimi sette anni, stando al rapporto dell’Agenzia nazionale sanitaria, l’Agenas, sono migliorati ad esempio «i tempi d’intervento per la frattura del femore entro due giorni nei pazienti over 65», con l’ospedale San Martino di Oristano entrato a far parte, in pianta stabile, delle eccellenze. Oppure, nello stesso periodo, è stata pressoché azzerata la mortalità cardiochirurgica nell’ospedale di Sassari e al Brotzu di Cagliari gli standard sono migliorati.

Le pagelle. Non tutto va bene, anzi. Se le performance sono discrete anche a Nuoro, il problema restano i piccoli-medi ospedali, come quelli di Ghilarza, Tempio, Sorgono e nel Sulcis, in cui i parametri su efficacia, sicurezza, efficienza e qualità delle cure non sempre sono i migliori. Quella dell’Agenas non è una classifica in cui da una parte ci sono gli ospedali belli o i medici bravi e dietro la lavagna quelli brutti o cattivi, è un confronto con gli standard nazionali, quelli considerati «ottimali» dal ministero della salute e proposti «come uno stimolo per migliorare». Tra l’altro a decidere il giudizio molto spesso non è l’efficacia di un intervento chirurgico, ma quello che Marina Davoli, referente del monitoraggio, ha definito «il volume di produzione», cioè quanti pazienti sono stati ricoverati e operati nella struttura. Per essere ancora più chiari ed evitare la rivolta di chi lavora negli ospedali lontani dal vertice, è proprio «il peso della casistica a fare la differenza». Meno interventi ci sono, maggiore diventa il rischio che qualcosa non vada come dovrebbe. Negli ospedali più periferici – ha detto Mario Braga dell’Agenas – «abbiamo rilevato che sono sempre al di sotto, nella casistica, delle soglie minime». Ma anche qui serve subito una precisazione: la sanità non può essere certo organizzata e gestita in base alle tabelle decise chissà dove a Roma e neanche sotto la pressione dei libri contabili: in Sardegna, solo se si pensa alle strade complicate e ai scarsi trasporti interni, ci sono un’infinità di «situazioni particolari», come sostengono i sindaci quando hanno sentore che il loro piccolo ospedale possa essere chiuso. Giusto, ma gli standard vanno garantiti comunque, oppure, come previsto dalla riorganizzazione della rete ospedaliera proposta dalla Regione, «bisogna puntare sulle eccellenze, sono diverse, senza ridurre i servizi sanitari sul territorio». È questa la sfida: diminuire i costi e aumentare la qualità, non sarà facile vincerla. L’ha detto anche l’assessore alla sanità Luigi Arru: «Se non ci sentiremo di nuovo una comunità e non riprenderemo a remare insieme verso un solo obiettivo, l’efficienza, sarà complicato». Appello lanciato davanti a una platea di medici e con in prima fila il manager dell’Asl unica, Fulvio Moirano, al quale è stato affidato il compito di «rivoluzionare la sanità».

Il report. Negli interventi chirurgici per la frattura del collo del femore il San Martino di Oristano ha superato anche gli standard nazionali, mentre Nuoro solo un paziente su tre è operato entro i due giorni previsti. Nel parto cesareo, «l’isola è fra le regioni in cui è più alta la percentuale rispetto a quella nazionale», con Sassari in testa, dove più di un parto su tre è chirurgico, la Gallura è appena dietro. Appena sotto la media nella mortalità provocata da un infarto entro 30 giorni dal ricovero, con Cagliari, Oristano e Sassari nelle posizioni migliori rispetto a Lanusei e Alghero. Nelle operazioni per il tumore alla mammella il Businco di Cagliari e l’Università di Sassari primeggiano, gli altri sono rimandati al prossimo monitoraggio. Chissà se fra un anno, i dati risalgono al 2015, l’Agenas dirà: «Complimenti Sardegna».

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