La Nuova Sardegna

Sardegna contro Lazio, la secessione del Pecorino

Sardegna contro Lazio, la secessione del Pecorino

I produttori della Penisola chiedono la creazione di una dop autonoma. Pigliaru scrive al ministro Martina: «No a pericolose duplicazioni dei marchi»

04 dicembre 2016
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SASSARI. La secessione del formaggio è a un passo. Tra la Sardegna e il Lazio scoppia la guerra del Pecorino. Non solo una questione di etichetta, ma una battaglia a tutto campo su strategie e scelte promozionali che rischia di coinvolgere anche l’Antitrust.

Per ora c’è lo strappo a distanza tra i due governatori, con Francesco Pigliaru che ha scritto al ministro Maurizio Martina e ha chiesto che il marchio Pecorino romano dop non venga cambiato.

Una missiva in cui il presidente della Regione si schiera in modo netto con gli allevatori e i produttori sardi.

La battaglia. Tutto inizia nei mesi scorsi. Quando i produttori laziali accusano il Consorzio del pecorino romano dop, che ha sede nell’isola, di monopolizzare le scelte politiche. Il formaggio si chiama romano, ma per il 97 per cento viene prodotto in Sardegna e solo il 3 per cento arriva dal Lazio.

La Coldiretti romana non ci ha pensato e ha chiesto al ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina di avere la possibilità di avere un altro marchio dop: “il cacio romano”.

«Il nome cacio romano – scvire la Coldiretti laziale – esiste dal 1987. Viene utilizzato per un prodotto che non è ancora dop, ma ha un’alta qualità». Coldiretti si spinge oltre e chiede che l'Antitrust apra un'indagine sull'operato del consorzio e differenzi i due prodotti sul mercato.

La richiesta trova subito l’appoggio dell’assessore regionale laziale all’Agricoltura Carlo Hausmann. «Non capisco perché un prodotto fatto in Sardegna si chiami romano. In questo modo si penalizzano le nostre imprese».

La contraerea. Davanti a un attacco a tutto campo entra nella battaglia anche la Regione Sardegna e lo fa ai più alti livelli, con la lettera di Pigliaru al ministro in cui ribadisce la totale contrarietà della giunta all’ipotesi di creare un’altra dop per lo stesso prodotto. «Questa iniziativa rischia di danneggiare in modo grave il Pecorino Romano, già riconosciuto e riconoscibile a livello internazionale. In questo modo si crea ulteriore danno allla filiera e del comparto, e si vanificano le azioni di promozione e comunicazione sulle caratteristiche e peculiarità del Pecorino Romano dop. Si deve difendere e rafforzare le posizioni commerciali faticosamente conquistate da un prodotto Made in Italy riconosciuto e apprezzato a livello internazionale, come il Pecorino Romano dop, con una strategia coerente e unitaria, la tutela della denominazione di origine protetta, per non vanificare il lavoro messo in campo e i passi avanti compiuti tra i quali, non da ultimo, il riconoscimento del settore latte ovino nell’ambito degli strumenti e del sistema degli aiuti a livello europeo».

Il mercato. Ma la battaglia non è solo di orgoglio campanilistico. In realtà c’è molto di più. Il 2015 è stato un anno d’oro per il pecorino. È stato uno dei prodotti italiani di maggior successo all’estero. In particolare nel ricco mercato Nordamericano. Lo scorso hanno le vendite fuori dall’Italia sono aumentate del 23 per cento, con un più 28% negli Usa e un più 500% in Cina. (l.roj)

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