La Nuova Sardegna

Allarme avvelenamento da funghi in Sardegna: «I peggiori sono i cercatori improvvisati»

di Claudio Zoccheddu
Allarme avvelenamento da funghi in Sardegna: «I peggiori sono i cercatori improvvisati»

Alla base di tanti episodi critici c’è la supponenza e la scarsa informazione di chi raccoglie

11 ottobre 2016
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Supponenza, pigrizia e informazione all’acqua di rose, magari acquisita sulle pagine web di improbabili siti internet.

Le principali cause delle intossicazioni da funghi sono da ricercare nella sufficienza di chi si reinventa cercatore da un momento all’altro, solo perché le piogge appena cadute e il sole del mattino sono gli indizi universali che possono condurre a una scorpacciata di antunne e porcini. La ricerca smodata del gusto, però, può riservare sorprese sgradite agli Indiana Jones del micete che invadono campi e boschi quando l’autunno fa capolino dal calendario. E una battuta a vuoto che produce un mesto rientro a casa con i cestini immacolati è l’inconveniente minore.

[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:regione:1.14235470:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/regione/2016/10/11/news/emergenza-intossicazioni-nell-isola-scatta-l-allarme-1.14235470]]

I rischi. I funghi posso provocare danni gravissimi, a cui si può rimediare solo con un trapianto di fegato, o irreversibili, come la morte per intossicazione. Nonostante le controindicazioni decisamente serie, i pronto soccorso degli ospedali ricevono ogni anno decine di intossicati, tutti per lo stesso motivo: funghi velenosi. Si tratta di nemici subdoli, in grado di mettere ko interi nuclei familiari perché è facile che, in caso di una raccolta copiosa, tutti consumino gli stessi funghi con l’effetto di trasferire la zona notte di casa direttamente all’ospedale. C’è poi la questione dei sintomi. I primi possono essere tranquillamente ignorati. Si tratta di nausea o dolori intestinali che potrebbero essere attribuiti a una semplice indigestione. Ma l’avversario più ostico è il periodo di latenza che passa tra l’ingestione e l’arrivo dei primi dolori. Un lasso di tempo che può essere molto lungo che rende difficile mettere in relazione il dolore intestinale con il consumo dei funghi.

Il micologo. Gli esperti hanno una quantità di consigli da proporre ma, purtroppo, una platea piuttosto ristretta a cui comunicarli. La raccolta dei funghi era già un problema prima della diffusione di internet ma adesso è diventata quasi una sciagura. Le informazioni sono a portata di click ma per andare sul sicuro è necessario comprendere quello che si legge. E, in ogni caso, potrebbe non bastare.

«Il primo consiglio è anche il più semplice – spiega il micologo Roberto Brotzu – si devono raccogliere solo i funghi conosciuti, quelli sconosciuti, o su cui si possono avare dubbi, posso tranquillamente restare dove sono». Nella lista non può mancare il divieto di utilizzare i consigli della nonna: «Meglio non dare retta alle dicerie o alle indicazioni casalinghe – aggiunge Brotzu – per distinguere i funghi servono conoscenze botaniche e oggi c’è la possibilità di ottenerle con estrema facilità. I micologi delle Asl, per esempio, sono sempre disponibili e non costano nulla. Il servizio è gratuito e può evitare tanti problemi».

Ma se qualcuno volesse controllare qualche fungo, o semplicemente fugare i dubbi, deve seguire qualche semplice consiglio: «Per approfondire la conoscenza bastano alcuni foglietti di carta stagnola. Servono per separare il fungo sconosciuto dagli altri perché se è vero che con lo sfregamento non dovrebbe succedere nulla, basta che se ne stacchi un pezzetto per mettere a rischio chiunque lo ingerisca».

La classifica. C’è una graduatoria della confusione. Generalmente gli episodi di intossicazione seguono un canovaccio preciso. Esistono funghi “trappola” che ricorrono spesso: «Il primo è senza dubbio il fungo dell’olivo, l’omphalotus olearius – spiega Renato Brotzu – perché ha una struttura molto simile a quella dell’antunna anche se il colore è diverso, ma questo il cercatore improvvisato non lo sa, o non lo ricorda». Al secondo posto ci sono due boleti, il satanas e il lupinus: «Vivono nelle zone calcaree e hanno addirittura i pallini rossi sul cappello. Nonostante i segnali inequivocabili, sono spesso causa di intossicazione». Poi ci sono i prataioli non commestibili che differiscono da quelli commestibili per un dettaglio non da poco: «Puzzano d’inchiostro – conclude Brotzu – e se vengono messi in acqua la colorano di giallo».

L’attrazione. A volte i motivi sono talmente improbabili da risultare difficilmente credibili. Eppure, ci sono persone che sono finite al pronto soccorso perché attratte dalle dimensioni invitanti di un boletus velenoso, oppure quelle che non hanno resistito alla bellezza di un’amanite, tra cui la mortale phalloides e l’allucinogena muscaria, e l’hanno messa in padella solo perché era molto chic. Ma ci sono anche quelli che vanno a naso e decidono la bontà del fungo, e la sua pericolosità, a seconda del profumo. Infine, i fisinomisti. Sono i cercatori che riconoscono le forme simili e mangiano ciò che somiglia a quello che vorrebbero trovare. Una categoria che cade nella trappola del “perfido”, il nomignolo dell’entoloma sinuatum, la causa di tanti violenti mal di pancia.

In Primo Piano
Santissima Annunziata

Sennori, cade dallo scooter all’ingresso del paese: grave una sedicenne di Sorso

Video

Impotenza maschile e suv, ne discutono le donne: la risposta di Geppi Cucciari ai talk show dove soli uomini parlano di aborto

Le nostre iniziative