La Nuova Sardegna

Truffa alla Caritas, indagine chiusa

Il traffico degli indumenti donati e venduti nelle bancarelle, quattro indagati

04 ottobre 2016
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CAGLIARI. È chiusa l’inchiesta sugli indumenti per nuovi e usati raccolti dalla Caritas e finiti in vendita nelle bancarelle di Napoli: messi insieme gli atti delle indagini condotte dal Nucleo investigativo del Corpo Forestale il sostituto procuratore della Dda Guido Pani ha disposto la notifica dell’avviso ai quattro indagati, che avranno facoltà di difendersi con nuovi esami e documenti. A rischiare il rinvio a giudizio sono il referente dei servizi di approvvigionamento e logistica della Caritas Andrea Nicolotti (55 anni) di Cagliari, Giampiero Cesarini (43) e la moglie Rosa Contiello (40) di Napoli, residenti in Sardegna dove si occupano del recupero di abiti usati con la società Eurofrip di Guarino in Casoria, e l’imprenditore Guido Afflitto (65) originario di Catanzaro, titolare della Sarda Recupero tessili con sede a Monastir. Le accuse contestate della Procura sono il traffico illegale di rifiuti e il concorso in truffa ai danni della Caritas. Stralciata per archiviazione la posizione di Tonino Marras della De Vizia-Derichebourg, risultato estraneo al presunto traffico di indumenti.

L’inchiesta era partita da un esposto anonimo ed era sfociata a gennaio scorso nel sequestro di un semirimorchio in partenza da Cagliari per Napoli, carico di abbigliamento - una decina di tonnellate - che la società campana Eurofrip aveva raccolto in giro per la Sardegna per conto della Caritas. Esaminato il carico, gli uomini del commissario Ugo Calledda avevano ricostruito il tragitto dei vestiti scoprendo che in buona parte non erano neppure passati per i magazzini della Caritas, per poi essere destinati a extracomunitari, migranti e persone indigenti, ma sarebbero stati spediti direttamente alla volta di Napoli e su altri mercati, non solo italiani. Un’operazione che secondo l’accusa andava avanti da tempo, in barba ai donatori della merce ma anche ai vertici regionali della Caritas. Quei vestiti infatti non erano stati raccolti per la vendita, ma dovevano essere distribuiti gratuitamente.

Ricostruito attraverso i documenti e con un’attività di intercettazione, il meccanismo organizzato dai rappresentanti dell’Eurofrip consisteva in due fasi: nella prima la Contiello prendeva contatti con gli uffici dei comuni e otteneva l’incarico di raccogliere per conto della Caritas gli indumenti da distribuire tra le persone disagiate. Il passo successivo, stando alle accuse, era la spedizione diretta della merce a Napoli e nelle altre destinazioni, dove i capi d’abbigliamento in parte nuovi e ancora sigillati e in parte usati, venivano offerti in vendita nei mercati rionali. Una gestione abusiva - come la chiama il pm Pani- di merce raccolta per tutt’altre ragioni, con l’obbiettivo di realizzare profitti che la Dda ritiene illegali.

Nel corso dell’inchiesta era emersa l’ipotesi che potessero finire nel calderone dell’inchiesta anche alcuni funzionari comunali. Tirate le somme, il magistrato ha invece circoscritto il quadro accusatorio confermando le contestazioni per i quattro accusati della prima ora. A leggere le conversazioni intercettate la vicenda appare chiara: traspare, per l’accusa, la logica dell’affare realizzato a spese dei poveri e la truffa ai danni della Caritas, almeno dei vertici dell’organizzazione benefica della Diocesi. Nicolotti collabora, partecipa, concorda le strategie per evitare i possibili guai giudiziari che derivano dall’uso disinvolto di merci considerate rifiuto. Il responsabile della Caritas don Marco Lai invece si fida e cerca di risolvere problemi per migliorare la raccolta e garantire alla sua organizzazione più mezzi economici da destinare ai bisognosi. (m.l.)

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