La Nuova Sardegna

Voli low cost, lavoro e istruzione ecco cosa può cambiare per l’isola

di Luca Rojch

Con l’uscita dall’Europa sarà più complicato per i sardi andare in Inghilterra per studiare o lavorare Il Regno unito è diventato in questi ultimi anni la prima meta di emigrazione per i giovani

26 giugno 2016
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SASSARI. No panic. 24 ore dopo lo choc della Brexit arriva l’onda dello tsunami anche nell’isola. Sbagliato pensare a una catastrofe, ma anche per la Sardegna l’uscita del Regno unito dall’Europa qualche conseguenza l’avrà.

Uk ko. L’Inghilterra da qualche decennio è diventata la nuova terra promessa per i giovani sardi. Impossibile avere un numero certo di quanti ragazzi ogni anno partano per Londra e le altre metropoli britanniche alle ricerca di un lavoro o per motivi di studio. I dati sono frammentari, ogni anno partono 6mila giovani sardi all’estero, come prima destinazione c’è proprio la Gran Bretagna, seguita da Germania e Spagna. Ma il numero preciso è impossibile da quantificare, le dinamiche migratorie di questi flussi sono sotteranee. I residenti italiani nel Regno unito sono 250mila, ma il numero reale è più che doppio. Con l’uscita dall’Europa diventerà molto più complicato riuscire a entrare in Inghilterra.

Studi più cari. Il primo effetto sarà una maggiore difficoltà per chi vuole studiare nelle scuole inglesi. Tutti gli stranieri devono pagare le tasse. Prima i cittadini comunitari erano esclusi. Si dovrà anche avere un visto per lo studio. E ancora più difficile sarà ottenere l’ingresso per chi è già laureato e vuole specializzarsi nel Regno unito.

Stop al welfare. Un capitolo a parte merita il mondo del lavoro. L’Inghilterra in questi anni è diventata una delle principali opportunità di lavoro per i giovani sardi. La comunità italiana è diventata la seconda per presenza nel Regno unito. Con la Brexit c’è la certezza che i benefici dello stato sociale, il welfare, non saranno più estesi agli stranieri, italiani compresi. Complicato capire come sarà gestito il flusso migratorio. In queste settimane le autorità britanniche regoleranno limiti e confini di sovvenzione e assistenza degli stranieri.

I guai delle low cost. Un effetto concreto lo si ha già. Perché a lanciare l’allarme sono gli stessi manager che guidano le compagnie aeree. Michael O'Leary, il numero uno di Ryanair è stato netto dopo il voto che ha sancito la Brexit. «Siamo pronti a diminuire gli investimenti e saremo costretti ad aumentare le tariffe». Il vettore irlandese che ha il suo cuore commerciale in Inghilterra taglierà le rotte e si troverà costretto a ritoccare verso l’alto il costo dei biglietti. Una difficoltà ulteriore per gli scali sardi che da messi cercano di convincere a Ryanair a restare nell’isola. Complicata la situazione anche per l’altra compagnia low cost, l’inglesissima Easyjet. A parlare è l'amministratrice delegata Carolyn McCall. «Abbiamo scritto al governo britannico e alla Commissione Europea. Abbiamo chiesto di porsi come priorità la permanenza del Regno Unito nel mercato unico europeo dell’aviazione». Con la Brexit Easyjet potrebbe vedere decadere tutti gli accordi di volo di cui gode in base ai trattati “Open sky”. Sono quelli stipulati dai paesi che fanno parte dell’Ue. Con l’uscita dall’Ue i trattati non hanno più valore.

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