La Nuova Sardegna

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Bergoglio e la Sardegna: dai lavoratori al clochard

di Alessandro Pirina

SASSARI. Fin da subito, non appena è salito al soglio pontificio, Francesco ha ritagliato uno spazio importante per la Sardegna. Sarà per la fratellanza storica tra Buenos Aires e il santuario della...

11 maggio 2016
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SASSARI. Fin da subito, non appena è salito al soglio pontificio, Francesco ha ritagliato uno spazio importante per la Sardegna. Sarà per la fratellanza storica tra Buenos Aires e il santuario della Madonna di Bonaria a Cagliari, sarà per il rapporto con monsignor Angelo Becciu, sarà per i tanti problemi legati al mondo del lavoro che accomunano l’isola alla sua Argentina, fatto sta in questi primi tre anni di pontificato la Sardegna ha avuto un ruolo da protagonista. E, infatti, Cagliari è stata la seconda meta italiana dei suoi viaggi pastorali dopo la tappa a Lampedusa. Una visita che Francesco volle cominciare proprio dall’incontro con il mondo del lavoro. Il Papa ascoltò dalle voci di un operaio, di una imprenditrice, di un pastore i problemi e le difficoltà che ogni giorno deve affrontare un lavoratore nell’isola. Francesco aveva un discorso pronto, ma preferì parlare a braccio. «Senza lavoro non c'è dignità – disse –. Io vi dico: coraggio, ma non voglio che questa sia una parola vuota detta con un sorriso. Non voglio fare l'impiegato della Chiesa che dice parole vuote. Non lasciatevi rubare la speranza».

Gli operai di Fiume Santo. Prima della visita a Cagliari Francesco aveva già avuto un incontro con i rappresentanti del mondo del lavoro isolano. Era stato eletto da poche settimane quando arrivò l’ok per un’udienza con gli operai della E.On di Fiume Santo. Il faccia a faccia, slittato una prima volta per problemi legati al volo da Alghero, si svolse il 24 aprile 2013, quaranta giorni dopo l’elezione al timone della Chiesa. I 45 operai si presentarono in Vaticano con le normale divisa da lavoro: giubbino, maglietta e cappellino arancione. «Saluto con affetto lavoratori che rischiano di perdere il loro posto di lavoro – disse davanti alle migliaia di persone che affollavano piazza San Pietro –. La Sardegna è una terra che attraversa una profonda crisi e prego affinchè cessi la sofferenza che la affligge».

L’appello per l’Alcoa. Un anno dopo, il 4 aprile 2014, fu il turno degli operai dell’Alcoa di Portovesme. Anche per loro, dal pulpito di San Pietro, parole di conforto e vicinanza. «Con queste mani farò tutto il possibile per sostenervi», affermò il Papa alzando le mani al cielo in segno di preghiera.

Le magliette rosse. A ottobre la scalinata della basilica fu invasa dalle magliette rosse degli esuberi di Meridiana. Francesco li salutò, ma soprattutto fece un intervento rivolto alla società dell’Aga Khan che aveva annunciato centinaia di tagli. «Per favore, faccio un appello a tutti i responsabili: nessuna famiglia senza lavoro». Parole che sciolsero i 150 dipendenti della compagnia aerea, che in quel momento trovarono nel pontefice il loro primo alleato nella difesa del posto di lavoro.

La telefonata al comico. Ma l’attenzione del Papa per la Sardegna non è limitata solo al mondo del lavoro. Poche settimane fa il cabarettista sassarese Umberto Graziano, che ha deciso di ospitare un clochard nel suo appartamento e ha voluto raccontare la storia di Cesare in una mail indirizzata a Francesco, ha ricevuto una telefonata direttamente da Oltretevere. «Buongiorno la chiamo dalla prefettura della casa pontifica in Vaticano – si è sentito dire al telefono Graziano –. Papa Francesco l’abbraccia, si complimenta con lei e la ringrazia per il gesto di carità verso Cesare».

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