La Nuova Sardegna

Peste suina, l’esperto: avanti con gli abbattimenti

Peste suina, l’esperto: avanti con gli abbattimenti

Lo spagnolo Vizcaino: «Entro due anni il virus sarà debellato dall’isola» Nel 2015 solo 16 focolai. L’obiettivo: convincere gli allevatori ancora scettici

25 febbraio 2016
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CAGLIARI. Nessun passo indietro, i maiali infetti continueranno a essere abbattuti e quelli sospetti anche, ma senza essere arroganti. «Alla gente dobbiamo far capire che la nostra missione è liberare a ogni costo la Sardegna dalle peste suina dopo oltre trent’anni vissuti peggio di un incubo». È una battaglia sacrosanta e non servono solo le prove muscolari, bensì «il sostegno del popolo ed è questa condivisione della legalità diffusa che le istituzioni devono sapersi conquistare». La bibbia di chi ha sconfitto la peste dalla Spagna alla Russia, dal Cile al Brasile è forte, coinvolgente e impossibile da rifiutare.

Il maestro. È Josè Manuel Sanchez Vizcaino: fa parte dell’unità di crisi della Regione e ha una certezza. «Fra massimo due anni saremo qui a festeggiare la vittoria, perché i primi segnali della riscossa ci sono e sono molto buoni». Non lo preoccupano le micro rivolte contro gli abbattimenti, l’ultima pochi giorni fa a Desulo. «Certo, la legge va applicata e se c’è bisogno va imposto anche l’ordine pubblico. Però solo in casi estremi. Riusciremo ad aver la meglio sul virus e pochi allevatori sconsiderati, solo se passerà questo messaggio: un maiale malato vale zero ed è lo stesso anche per quello su cui esiste un solo dubbio che sia stato contaminato. Un maiale sano vale invece 2mila euro». Cioè: l’illegalità si trascina dietro solo povertà ed emarginazione, mentre la legalità ricchezza e benessere.

Fatti concreti. È una filosofia granitica, quella del professore spagnolo, in equilibrio perfetto fra economia e sociologia. «La Sardegna ha oggi un potenziale enorme nella produzione d’insaccati, invece è ancora considerata una regione canaglia dall’Europa e le esportazioni sono bloccate Dunque, la scelta è fra voltare le spalle a una grande occasione di sviluppo o puntare con decisione, tutti insieme, alla conquista del mercato internazionale che ha voglia di prodotti unici, sicuri e di alta qualità». La spiegazione è ancora più netta se paragonata alla Spagna. «Quando il mio paese – spiega – era nella lista nera, c’è stato per tanti anni, il nostro prosciutto era scartato, ora il Pantanegra è pagato 450 euro. Risultato: la Spagna della peste viveva nella povertà, oggi, con gli allevamenti certificati, è ricca e invidiata».

Il grande problema. Per la Sardegna è il pascolo brado. «Noi – è stato un altro passaggio di Vizcaino – non contestiamo le modalità di allevamento tradizionale, diciamo che questa cultura non va più bene se c’è il virus». In Sardegna gli allevatori censiti sono 16mila, con una media di 5-6 maiali ciascuno. «Bene, dobbiamo essere bravi nel coinvolgere anche il più piccolo proprietario, dal primo all’ultimo in questa strategia vincente verso la legalità». C’è subito un primo passo da fare: «Far capire che, una volta individuato il focolaio, la porzione di quel territorio è potenzialmente tutta infetta per la presenza di molti cinghiali, sono i veri vettori della peste. In altre parole, le zone sospette devono essere bonificate completamente. Solo così il virus potrà essere debellato».

Risultati e ottimismo. C’è stata una drastica riduzione dei focolai: 40 nel 2014, solo 16 l’anno scorso. Tra giugno e novembre ben 439 allevatori sono usciti dall’ombra. «Con una campagna d’informazione capillare, casa per casa, – è la conclusione di Vizcaino – ora dobbiamo convincere quelli che restano, sono circa 200, a non tenere ancora sotto scacco la Sardegna. Vinceremo: loro sono rimasti in pochi, noi siamo molti». (ua)

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