La Nuova Sardegna

La Sardegna dei pastori Un universo arcaico che guarda al futuro

di Eugenia Tognotti
La Sardegna dei pastori Un universo arcaico che guarda al futuro

“Move la greggia oltre pel campo, e vede/ Greggi, fontane ed erbe/Poi stanco si riposa in su la sera/ Altro mai non ispera”. Niente potrebbe essere più lontano dalle immagini leopardiane del “Canto...

09 gennaio 2016
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“Move la greggia oltre pel campo, e vede/ Greggi, fontane ed erbe/Poi stanco si riposa in su la sera/ Altro mai non ispera”. Niente potrebbe essere più lontano dalle immagini leopardiane del “Canto di un pastore errante dell'Asia”, della vita e dell'organizzazione del lavoro dei pastori-imprenditori-produttori di oggi, un nuovo ceto che sta prendendo forma con i cambiamenti di quella che il grande ingegnere elettrotecnico Angelo Omodeo definiva, negli anni Venti, «l'industria naturale della Sardegna».

Le tappe del cambiamento. Ci voleva un approccio tecnico-economico per dare conto - al di là delle onnipresenti tentazioni etnologiche e folkloriche delle poderose trasformazioni che in settant'anni hanno modificato il volto e la pratica millenaria della pastorizia sarda, un settore fondamentale, oggi, nell'economia della Sardegna, al primo posto per la produzione di formaggio pecorino e per l'allevamento degli animali al pascolo tra le regioni del Mediterraneo.

A ricostruirne le tappe, dal dopoguerra ad oggi, un agile, ma denso libro, “Pascoli, pecore e politica: 70 anni di pastorizia in Sardegna” (Edes 2015) scritto - con la collaborazione di un allievo, Carlo Biddau - da un tecnico come Giuseppe Pulina, ordinario di zootecnia e già preside della Facoltà di Agraria, Commissario straordinario dell'Ente Foreste.

Capitolo dopo capitolo, dal difficile secondo dopoguerra ai giorni nostri, lo studio mette in luce i cambiamenti che hanno interessato il settore agropastorale , seguendo da vicino interventi, riforme, politiche e sfiorando tutte le grandi questioni sul tappeto: il Piano di Rinascita e l'industrializzazione; l'esodo dalle campagne e i pastori in fabbrica; il banditismo; i sequestri di persona, lo sviluppo e la crisi del sistema lattiero-caseario, il ruolo della Pac (Politica agraria comune) nei confronti dei processi di sviluppo rurale. Senza tralasciare la novità della comparsa sulla scena, alla fine degli anni Novanta, del MPS, movimento Pastori Sardi, sul modello dei Cobas del latte.

La legge delle chiudende. Il problema della proprietà fondiaria e del possesso e dell'uso delle terre, che affondava le sue lunghe radici nella “legge delle chiudende” è il filo rosso che attraversa lo studio a partire dagli anni Cinquanta, con la parziale riforma agraria voluta da Antonio Segni e la costituzione dell'Etfas (Ente di Trasformazione Agraria e Fondiaria) che sembravano promettere una valorizzazione e una razionalizzazione dell'agricoltura, attraverso l'espropriazione, la bonifica, la trasformazione e l'assegnazione di terre ai piccoli coltivatori, sostenuti nell'accesso al credito dalla costituzione del Banco di Sardegna. L'Etfas, che si affiancò all'Ente Flumendosa e all'Ente Sardo di colonizzazione acquisì un'estesa superficie di terreni derivante da compravendite, espropri, permute , dando il via a 271 piani di trasformazione e alla distribuzione di migliaia e migliaia di ettari di terra. Negli anni Sessanta, è la dinamica ascendente dei prezzi dei prodotti ovini a spingere verso l'estensione dei terreni a pascolo a spese di quelle cerealicole: acquistare le terre era più conveniente per i pastori che prenderle in affitto dai proprietari delle terre.

Con le greggi in continente. E' in quel periodo la migrazione verso la penisola dei pastori che introducono la razza ovina autoctona della Sardegna nell'Italia centrale, valorizzando terre abbandonate, creando aziende modello e introducendo una gestione imprenditoriale degli allevamenti. Nel 1971, il conflitto (e il distacco) tra proprietari di terre e di greggi , le due figure dominanti il settore della pastorizia, conobbe una svolta fondamentale con la legge De Marzi Cipolla, a cui è dedicato un capitolo del libro. La legge - che rappresenta senza dubbio il provvedimento che dopo “la legge delle chiudende” ha inciso più profondamente nel mondo pastorale modificava le norme in materia di patti agrari e di affitto di fondi rustici. In particolare, induceva una modificazione nel regime dei contratti d'affitto e di mezzadria. «Con tale legge - osservano gli autori- centinaia di migliaia di ettari cambiarono proprietario e molti pastori si stabilizzarono nelle pianure formando aziende moderne».

Non più nomadi. La sedentarizzazione degli allevamenti apriva la strada alle innovazioni e ai progressi tecnologici e scientifici (mungitrici, mangimi migliori e così via) che hanno portato al miglioramento della qualità dei prodotti, tra stagioni positive e stagioni negative, segnate dalla crisi del pecorino romano e dalla depressione del prezzo del latte nel 2006-2007. Tra crisi e calamità come la terribile blue tongue – che si è tradotta nella perdita di centinaia di migliaia di capi ovini e caprini – la pastorizia ha cambiato volto, ha assunto nuovi linguaggi, producendo nuovi interessi e nuovi valori.

Il futuro della pastorizia. L'ultima fase di trasformazione è iniziata all'alba del terzo millennio: chi ha resistito alla crisi d'inizio secolo, è stato costretto a diventare più efficiente, investendo in mezzi tecnici più evoluti e infrastrutture. Le scelte strategiche in campo a livello nazionale e locale per la nuova Pac, segneranno il futuro della pastorizia sarda, ma non solo, dati i molteplici fili che la legano all'economia e alla società dell'isola di cui ha permeato gli elementi identitari del paesaggio, le tradizioni, la cultura.

Scritto per un pubblico di non specialisti –ma utilizzando linguaggi, saperi e competenze che fanno capo ai dipartimenti universitari e ai corsi di laurea in Sistemi agrari e in Scienze delle produzioni zootecniche – questo libro aiuta il lettore comune a riflettere sul paradosso di un universo arcaico, che arrivato dal tempo e dai luoghi dei nuraghi, ha imparato a confrontarsi con la globalizzazione e a mettere in campo capacità di sviluppo e di adattamento alla contemporaneità.

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