La Nuova Sardegna

«Chiediamo giustizia per le vedove»

Solo in un caso è stato riconosciuto il legame tra la malattia e il lavoro in fabbrica

12 novembre 2015
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OTTANA. Sabina Contu, presidente della sezione Sardegna dell’associazione esposti amianto, paragona la loro tenacia a quella delle Madri di Plaza de Mayo, le donne argentine che si batterono per il loro figli desaparecidos durante la dittatura militare. Sono le vedove degli ex operai di Ottana morti a causa dell’esposizione all’amianto.

Antonella Pirisi, di Gavoi è tra queste. Di sicuro ha penato perché venissero riconosciute le cause che hanno portato alla morte del marito Adriano Angius, scomparso nel 2005. Era andato in pensione pochi mesi prima, dopo trentun anni di lavoro a Ottana. Aveva 54 anni, un tumore lo ha divorato nel giro di poco tempo. La correlazione della sua patologia con l’amianto era evidente, ma Angius prima e la moglie poi si scontrarono contro un muro di gomma. «È un fumatore? Il suo tumore dipende da questo, l’amianto non c’entra»: così Antonella Pirisi racconta il confronto tra i medici dell’Asl e dell’Inail che seguirono il suo caso e il marito. Il quale non ebbe dunque il riconoscimento della malattia professionale. Alla sua morte la donna ha deciso di rivalersi contro l’Inail, che non riconosceva la patologia come derivante dalla prolungata esposizione all’amianto. Ha fatto causa e ha vinto in primo grado, e poi anche in appello. Non c’è stato un processo in Cassazione perché l’Inail non ha appellato e le ha riconosciuto i diritti che le spettavano.

Il suo è un caso pilota nella Sardegna centrale, che potrebbe essere d’aiuto per le tante famiglie che qui aspettano giustizia. E sperano che diventi operativo il disegno di legge 1645 sui danni dell’amianto, che vede come primo firmatario l’ex magistrato Felice Casson, attualmente in fase di discussione. Al momento infatti sulle cause per il riconoscimento delle morti dovute all’amianto grava una prescrizione di appena tre anni e mezzo dalla diagnosi. Gesuina Murgia, vedova di Mario Mattu, di Olzai, le figlie Stefania ed Elisena sperano che questo assurdo burocratico venga abolito, per avere giustizia in ricordo del padre, morto nel 2009. Era entrato con tante speranze a Ottana nel 1973, è andato in pensione nel 2000, senza sapere che il suo fisico era già minato dall’amianto. (p.me.)

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