La Nuova Sardegna

Armi nell’aereo, giallo sulla destinazione

di Mauro Lissia

I missili Mk83 partiti da Elmas sarebbero diretti in Arabia Saudita. La Dogana: tutto regolare

31 ottobre 2015
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. L’imbarco sul Boeing 747 arrivato dall’Azerbaijan degli armamenti assemblati alla Rwm di Domusnovas è avvenuto l’altro ieri davanti agli occhi di centinaia di persone perché non c’era nulla da nascondere: il trasporto era autorizzato e non è la prima volta che strumenti bellici partono dalla pista di Elmas e dalle banchine del porto canale di Macchiareddu per raggiungere paesi prossimi alle aree di guerra.

La dogana. Dopo quella dell’Enac, arriva la conferma dell’ufficio delle Dogane: «Il nostro compito è di verificare la regolarità delle licenze e la corrispondenza con le licenze del materiale in partenza o in arrivo - spiega il direttore Marcello Demuro - controlliamo i documenti e facciamo una verifica fisica del carico. In questo come negli altri casi mi risulta che non sia stata ricontrata alcuna irregolarità». Quindi il trasferimento degli armamenti dalla Sardegna all’Arabia Saudita - se davvero questa era la destinazione finale - si è svolto secondo le norme.

Le norme. Ma vediamo qual è la disciplina che regola il trasporto degli armamenti e a chi è affidato il controllo. Il ministero di competenza è quello degli Esteri attraverso l’Uama - Unità per le autorizzazioni di materali d'armamento - che «rilascia le autorizzazioni e le proroghe alle operazioni di esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, e rilascia le autorizzazioni alla prosecuzione delle trattative contrattuali per i paesi non Nato-Ue». L’Uama dialoga con gli organismi organizzati secondo una filiera gerarchica: il Comitato interministeriale per gli scambi di armamento per la difesa istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri, presieduto dal premier. A seguire il Comitato consultivo per l’esportazione, l’importazione e il transito degli armamenti, che esprime pareri al ministero degli esteri sul rilascio delle autorizzazioni. Quest’apparato opera in linea con la legge 185 del 1990, cui devono attenersi tutti gli organismi di emanazione statale, dalla Prefettura alla Dogana passando per l’Enac, oltre alle imprese che producono, assemblano o comunque movimentano armamenti. Ed è una legge che non lascia nulla al caso. L’articolo uno è il più significativo, perché prevede che «l’esportazione e l’importazione del materiale di armamento e le relative licenze» debbano essere «conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia».

La Costituzione. Non solo: «Tali operazioni - è scritto - vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Quanto sia compatibile la compravendita di parti di missili e di altri strumenti costruiti per uccidere con questo principio costituzionale esula dalla competenza della cronaca. Di certo la legge stabilisce condizioni precise. Fra queste il divieto di esportazione di armi «verso paesi in stato di conflitto armato... salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le deliberazioni del consiglio dei ministri».

I dubbi sulla destinazione. Nel caso di Elmas la destinazione indicata - ma non ufficiale - sarebbe l’Arabia Saudita, dove non ci sono conflitti in corso. Ma nessuno può garantire che gli armamenti assemblati in parte a Domusnovas, compresi i temibili missili Mk83 che i viaggiatori hanno visto accatastati sui pallet sul piazzale dell’aeroporto cagliaritano come fossero barattoli di birra prendano successivamente altre vie. La legge 185 prevede una serie interminabili di casi e di conseguenti divieti, in sostanza ragioni per le quali l’autorizzazione al trasporto dev’essere negata. Ma prevede anche una procedura molto rigida perché le richieste di autorizzazione possano essere vagliate dall’Uama, come ultima tappa della procedura.

Le sanzioni. Anche una semplice trattativa per esportare o importare di materiali d’armamento dev’essere comunicata al ministero degli Esteri e della Difesa. Altrimenti scattano sanzioni piuttosto pesanti: un falso nella documentazione di trasporto può costare una pena da due a sei anni, chi non rispetta le prescrizioni amministrative rischia la reclusione fino a cinque anni, mentre chi trasporta armamenti senza le autorizzazioni previste dalla legge può pagare con dodici anni di carcere. Per non parlare delle multe: si va dai 250 ai 500 milioni di euro, il che la dice lunga sul valore delle merci trattate e sul giro d’affari di chi le tratta.

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative